mercoledì 10 luglio 2013

Virgola? Che accidenti è?


Uno degli errori più comuni in cui mi imbatto esaminando testi di principianti è di certo rappresentato dall’uso del tutto improprio delle virgole.

Nella lingua italiana la virgola è un segno d’interpunzione che serve principalmente a separare una proposizione principale da una secondaria, ed è il segno di pausa più breve che corrisponde, leggendo, ad un piccolo intervallo. Una delle principali regole alle quali l’uso della virgola è subordinato è che essa non deve mai essere interposta tra soggetto e predicato o tra predicato e complemento oggetto.

Questo lo insegnano a scuola già dalle medie, ma sembra che il concetto non sia affatto recepito dalla maggior parte di coloro che ambiscono a diventare scrittori. Molti di essi, infatti, oltre a spargere le virgole nel testo come se sventagliassero semi di papavero, si sentono in dovere di inserire a più riprese, perfino negli incipit, virgole tra soggetto e verbo: “Il libro, era sul tavolo”; “Il morso doloroso del ragno, lo fece risvegliare”; “Il prete entrò, nel confessionale”

È del tutto ovvio come un tale reiterato modo di fare porti ben presto alla sospensione della lettura da parte del Valutatore, che relegherà testo e autore nella directory dei Bocciati Senza Appello.

Ma per quale motivo in tanti cadono in questo errore marchiano? La risposta è semplice: perché la maggior parte delle persone, e soprattutto coloro che si mettono in testa addirittura di ritenersi capaci di scrivere, non leggono.

Di conseguenza, non essendo abituati a riconoscere il linguaggio scorrevole di una buona prosa scritta, si lasciano influenzare dal linguaggio parlato, che non sottostà alle rigide regole grammaticali della sintassi e nel quale si usa spesso intercalare una brevissima pausa puramente vocale tra il soggetto e il predicato del discorso. Pessima abitudine. E questi sconsiderati pensano che quella pausa debba essere riportata anche nello scritto.

Un altro aspetto non meno grave è che questi cosiddetti autori nemmeno riesaminano i propri scritti, altrimenti si accorgerebbero dell’assenza di fluidità nella lettura dell’elaborato.

Alla fine la morale risulta essere sempre quella: parlare di meno e leggere di più.

Il Valutatore

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