Uno
degli errori più comuni
in cui mi imbatto esaminando testi di principianti è di certo rappresentato dall’uso del tutto improprio delle virgole.
Nella lingua italiana la
virgola è un segno d’interpunzione
che serve principalmente a separare una proposizione principale da una
secondaria, ed è il segno di pausa più breve che corrisponde, leggendo, ad un
piccolo intervallo. Una delle principali regole alle quali l’uso della virgola
è subordinato è che essa non deve mai
essere interposta tra soggetto e predicato o tra predicato e complemento
oggetto.
Questo lo insegnano a
scuola già dalle medie, ma sembra che il concetto non sia affatto recepito
dalla maggior parte di coloro che ambiscono a diventare scrittori. Molti di
essi, infatti, oltre a spargere le virgole nel testo come se sventagliassero
semi di papavero, si sentono in dovere di inserire a più riprese, perfino negli
incipit, virgole tra soggetto e verbo: “Il libro, era sul tavolo”; “Il morso
doloroso del ragno, lo fece risvegliare”; “Il prete entrò, nel confessionale”
È del tutto ovvio come un
tale reiterato modo di fare porti ben presto alla sospensione della lettura
da parte del Valutatore, che relegherà testo e autore nella directory dei
Bocciati Senza Appello.
Ma per quale motivo in
tanti cadono in questo errore marchiano? La risposta è semplice: perché la
maggior parte delle persone, e soprattutto coloro che si mettono in testa
addirittura di ritenersi capaci di scrivere, non leggono.
Di conseguenza, non essendo
abituati a riconoscere il linguaggio scorrevole di una buona prosa scritta, si
lasciano influenzare dal linguaggio parlato, che non sottostà alle rigide
regole grammaticali della sintassi e nel quale si usa spesso intercalare una
brevissima pausa puramente vocale tra il soggetto e il predicato del discorso.
Pessima abitudine. E questi sconsiderati pensano che quella pausa debba essere
riportata anche nello scritto.
Un altro aspetto non meno
grave è che questi cosiddetti autori nemmeno riesaminano i propri scritti, altrimenti
si accorgerebbero dell’assenza di fluidità nella lettura dell’elaborato.
Alla fine la morale risulta
essere sempre quella: parlare di meno e
leggere di più.
Il Valutatore
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