venerdì 27 gennaio 2017

Gli intoccabili

Vi sono romanzi da cui sono stati tratti film poi diventati di successo o meno, e, in genere, il romanzo originario è migliore del film. Esistono film, in misura minore, da cui sono stati in seguito ricavati romanzi che, in genere e con poche eccezioni, se non fossero stati scritti sarebbe stato meglio.
Vi sono anche romanzi e film che nascono contemporaneamente, come in questo caso, e dal momento che di solito la cosa nasce per soddisfare il merchandising, al momento non mi riesce di trovare un esempio in cui il romanzo sia risultato almeno almeno passabile.
Nel caso del romanzo di oggi, costruito appunto sull’onda di questa terza opzione, definirlo vera e propria spazzatura sarebbe un tantino esagerato, ma certo che se il film di Brian De Palma con Sean Connery e Kevin Kostner è risultato abbastanza buono e godibile (anche se da quanto ricordo non eccezionale: l’ho visto qualcosa come una ventina di anni fa) del libro non si può proprio dire altrettanto.




È andata così: al momento non ho nulla da leggere che mi appaia interessante, per cui mi sono messo a spulciare tra i libri polverosi dei miei scaffali più reconditi e ho scovato questo che non mi ricordavo né di aver letto né del perché fosse finito lì. Ma ricordavo di aver visto il film, e mi sono detto: oh toh, fammi provare, chissà mai!
Chissà mai un paio di palle. Un romanzo veramente brutto: arido e senza un briciolo di sentimento, anche se l’autore (a proposito, il vero nome di Albert Conroy è Marvin Albert) ha usato parecchio mestiere per metterlo insieme provando a farlo apparire coinvolgente. La serie di tentativi messi in atto da Elliot  Ness per incastrare Al Capone risulta presa pari pari dalla sceneggiatura del film ed è “raccontata” e non “mostrata”, i personaggi stereotipati, e quando una pistola spara sembra che faccia “bum” come nei peggiori fumetti.
Pessimo. Quasi quasi mi sarebbe convenuto scaricare il film e riguardarmi quello. Perlomeno c’è un Sean Connery decente e la scena (cammeo ― o scopiazzatura? ― della corazzata Potemkin) della carrozzina che rotola giù per la scalinata.
Il Lettore 

martedì 10 gennaio 2017

Nudi e crudi

Casa Ransome era stata svaligiata. «Rapinata» disse Mrs Ransome. «Svaligiata» la corresse il marito. Le rapine si fanno in banca, una casa si svaligia. Mr Ransome era un avvocato e riteneva che le parole avessero la loro importanza. Anche se in questo caso era difficile trovare un termine preciso.
Questo tipo di umorismo inglese mi fa morire. Quello che vi ho riportato è l’incipit di questo breve romanzo di Alan Bennett, dal quale si capisce subito il tono su cui è improntata buona parte del resto della narrazione.




Tornando da teatro i coniugi Ransome hanno la sorpresa di trovare casa propria completamente ripulita di tutto ciò che essa conteneva: i ladri hanno portato via perfino la moquette e la carta igienica, tanto che Mr Ransome è costretto a pulirsi con la carta patinata del depliant del Così fan tutte di Mozart, che per quanta acqua vi scorra sopra non riesce a essere espulso dal water.
Sul furto la polizia ovviamente non arriverà a scoprire nulla, ma dopo qualche mese i due coniugi riusciranno, per una serie di circostanze insolite e alquanto surreali, a fare luce sul fatto e a rientrare in possesso dei loro beni, compreso l’adorato impianto stereofonico dell’avvocato.
Nel frattempo, l’essere costretta a rifornirsi di nuovo di tutte le cose necessarie alla vita di tutti i giorni innesca in Mrs Ransome una serie di riflessioni che la porteranno a convincersi di dover cambiare profondamente la propria vita.
I libri di Bennett sono così, pieni di umorismo, ma ti fanno anche pensare. Se all’inizio il romanzo comincia pieno di quel sottile humour britannico alla Wodehouse che a me piace molto e che raggiunge il culmine nelle scene in cui i due coniugi raccontano del furto alla polizia, pian piano si trasforma e assume toni più intimisti e riflessivi fino ad indagare sulla psicologia più nascosta dei rapporti di coppia intaccati dalla routine di tutti i giorni.
Una dura sorpresa per quelli che pensavano fosse solo un romanzetto umoristico!
Il Lettore 

domenica 8 gennaio 2017

Lo Squizzalibro di domenica 8 gennaio 2017

Buona domenica a tutti e benvenuti al primo appuntamento del 2017 con lo Squizzalibro. Il quiz di oggi ve l’ho fatto facile facile, perché capisco che cominciare la giornata festiva con diversi gradi sotto zero non è che sia poi così agevole.
Qui in casa Freereader è ghiacciata anche la vasca dei pesci, l’acqua non vuole saperne di uscirne dai tubi, i cani non vogliono saperne di uscire dalle cucce, i gatti continuano a rompere i coglioni perché dia loro da mangiare, l’editor continua a dormire imperterrita fregandosene beatamente di tutto. Tutto nella normalità. E i nuvoloni neri che vedo fuori della finestra non promettono nulla di buono: va a finire che nevica pure. Speriamo perlomeno che il freddo faccia fuori un po’ di zanzare.




1 – L’autore del libro da indovinare è britannico, molto conosciuto e con una ventina di opere al suo attivo tra romanzi  e stesure per il teatro.
2 – In realtà l’autore nasce come storico di professione, e solo dopo essere entrato come ricercatore in un’Università inglese si dedica allo scrivere e diventa famoso fin dalla fine degli anni settanta.
3 – Da alcune sue opere sono stati tratti film dei quali ha curato lui stesso la sceneggiatura, e molte delle sue pièces teatrali sono state rappresentate in tutto il mondo. In Italia alcuni suoi pezzi sono stati ripresi e portati in scena dalla compianta Anna Marchesini.
4 – Il suo libro da indovinare oggi è un romanzo che rappresenta bene lo stile saturo di humour britannico, ma anche di amarezza esistenziale, di cui lo scrittore satura i suoi libri.
5 – Voi come vi comportereste se tornando a casa dopo essere stati a teatro scopriste che sono passati i ladri e hanno portato via tutto?
Ve l’avevo detto che oggi l’avrei fatta facile, scommetto che molti di voi l’avranno anche già visto a teatro. Via che c’è da fare: devo dare da mangiare ai gatti, rompere la lastra di ghiaccio e nutrire i pesci, portare dentro la legna per il fuoco, andare a comprare qualcosa per il pranzo, mandare una lavatrice e cominciare a cucinare.
E il mio editor continua a dormire indisturbata.
Freereader

mercoledì 4 gennaio 2017

L’incredibile cena dei fisici quantistici

La fisica quantistica è stata ipotizzata negli anni Venti del secolo scorso da alcuni degli scienziati di cui più tardi parlerò. Ne hanno formulato le equazioni, hanno spiegato come avrebbe dovuto funzionare (e il bello è che funziona!), e grazie ad essa è stato possibile realizzare un mucchio delle invenzioni che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni: il laser, i transistor,  internet, i computer superveloci, i telefoni cellulari, le onde gravitazionali eccetera eccetera.
Tutto grazie alla fisica quantistica. Il fatto è che da allora, e a distanza di un secolo, sulla fisica quantistica nessun’altro ci ha capito più un cazzo.




Tant’è vero che la stessa Gabriella Greison dice a pag. 148 di questo libro: “Negli anni successivi, fino ad oggi (il libro è stato pubblicato nel 2016, NdF), quel che si fa sulla fisica quantistica è solo discutere i due filoni di pensiero: quello legato alla teoria probabilistica della fisica quantistica di Niels Bohr, e quello più realista di Albert Einstein (…) visto che ancora oggi gli interrogativi non sono stati del tutto risolti.
Insomma, a parte coloro che l’hanno ideata e sviluppata, e nonostante questa teoria abbia permesso una caterva di invenzioni, dopo di loro nessun’altro ci ha capito più un’emerita minchia.
 In questo libro Gabriella Greison rievoca e descrive nei minimi particolari una cena, organizzata dai reali del Belgio, che ha avuto luogo a Bruxelles il 29 ottobre 1927 dopo lo svolgimento del Congresso Solvay al quale hanno partecipato i più eminenti fisici dell’epoca: alla cena erano presenti tra gli altri i già nominati Niels Bohr e Albert Einstein, oltre a Marie Curie, Max Born, Louis de Broglie e altri eminentissimi, con una concentrazione di Premi Nobel vicina alla saturazione. Pochissimi i fisici famosissimi non intervenuti, ma dei quali nel libro si parla lo stesso diffusamente: Werner Heisemberg (quello del principio di indeterminazione), Wolfgang Pauli (il  Lupo), Erwin Schrödinger (quello del paradosso del gatto), Enrico Fermi (il giovane italiano). Con loro c’erano il re e la regina del Belgio e qualche amico o conoscente ovviamente all’altezza del rango degli altri.
La Greison descrive l’inquadramento storico con particolare riguardo all’evoluzione della fisica in quel momento, fervente di incredibili innovazioni quali appunto i quanti e la relatività, quindi racconta della cena, delle portate, dei vini e delle peculiarità anche simpatiche di ogni commensale. Per ogni fisico ne tratteggia la biografia, le particolarità caratteriali, racconta della vivacità di Einstein, della serietà della Curie, del brio della regina Elisabetta, dell’ombrosità a senso unico di Bohr. Il momento culminante della cena si avrà quando un Bohr incontenibile ed estremamente concentrato coglierà l’occasione di approcciare Einstein in una pausa fumo (li avevano messi apposta ai lati opposti del tavolo allo scopo di non far sorgere screzi fra loro) per insistere sulla sua teoria probabilistica. In quell’occasione Bohr vincerà la competizione verbale, ma Einstein accetterà elegantemente la sconfitta e avrà modo di rifarsi negli anni successivi.
L’incredibile cena dei fisici quantistici è un libro che io ho trovato interessante e lo sarà di sicuro anche per altri, a patto che uno sia incuriosito dalla storia della fisica e dalla teoria dei quanti. Se non vi interessano queste due cose lasciatelo pure perdere, vi annoiereste a morte e non ci capireste un granché. Perché la Greison spiega le teorie scientifiche per filo e per segno analizzando pure le differenze di interpretazione tra un fisico e l’altro e la loro evoluzione nel tempo, e in realtà la cena in se stessa, al di là della storicità dell’evento mondano (e di qualche pettegolezzo ormai passato di moda), serve solo come contestualizzazione.
Questa cosa infatti non deve essere andata tanto giù nemmeno agli editors della Salani, vista la quantità di refusi o veri e propri errori che ci ho trovato. Più che altro complete omissioni del verbo nelle frasi. Soprattutto nei brani che spiegano una qualche teoria scientifica, ogni tanto manca inspiegabilmente il verbo in qualche frase, e questo lascia sospettare come gli stessi editors non sapessero minimamente dare un significato a ciò che stavano leggendo e di conseguenza non si accorgessero nemmeno se ci fosse bisogno di un verbo o meno.
Potenza della fisica!
Il Lettore