Per la serie “riletture” ho
ripreso in mano questo piccolo capolavoro
che ha dato la stura a uno dei fenomeni
editoriali più rilevanti di tutti i tempi, se non il più importante in
assoluto. Tradotti in ben 75 lingue, compresi latino e greco antico, questo
romanzo e i suoi successivi compari hanno permesso a J. K. Rowling di guadagnare più di un miliardo di dollari e di fregiarsi di una quantità di onorificenze
tale da poter trasformare il suo biglietto da visita nell’elenco telefonico di
Bristol.
Ma forse non tutti sanno che,
prima di essere pubblicato dalla Bloomsbury, questo romanzo aveva ricevuto ben tre rifiuti da altrettante case
editrici, i cui responsabili si staranno ancora prendendo a schiaffi davanti
allo specchio.
Questa è una di quelle cose a
cui penso sempre quando boccio qualche nuova proposta.
Ricordo che lo lessi per la
prima volta appena pubblicato, prima ancora che esplodesse il boom Harry Potter, e mi piacque allora così come l’ho riapprezzato adesso
rileggendolo. Ovviamente non vi tedierò con la trama, dal momento che a 18 anni
dalla prima pubblicazione e dopo 8 romanzi e 7 trasposizioni cinematografiche
questa sarà ignota solo all’ultimo soldato giapponese rimasto abbandonato solo
soletto a fare la guardia su un’isoletta del Pacifico.
Fatto sta che la Rowling ha
fatto veramente un buon lavoro. Un romanzo per ragazzi buono anche per gli
adulti, che è anche un romanzo di formazione; l’invenzione di
un intero mondo al di fuori della normalità ma facilmente comprensibile per un
qualsiasi lettore, con tutti i punti di forza nei quali un lettore ama
ritrovarsi con la fantasia; l’escalation
di un bambino sottoposto a bullismo fino al ruolo di vero e proprio
protagonista con tutte le gratificazioni che ne derivano; il tuffo nella magia
e nell’arcano che ha da sempre rappresentato un lato importante nel pensiero
umano.
E la Rowling ti ci fa trovare
proprio dentro, facendo un uso sapiente dell’ellisse e del dare per scontato,
mostrandoti le cose come del tutto reali: è del tutto normale che esista un binario 93/4 e che tu lo raggiunga
passando attraverso un muro, è normale
l’esistenza di draghi incazzerecci, centauri e unicorni, è normale che i personaggi si muovano nei quadri e che le scale si
spostino quando ne hanno voglia, è normale
che una scopa ti salti in mano a comando e tu possa cavalcarla quando ne hai
voglia. E a chi non piacerebbe che ciò fosse del tutto reale?
Un romanzo veramente piacevole anche dopo una rilettura a
distanza di anni, con anticipazioni e risoluzioni ben ritmate che permettono di
tenere l’interesse sempre ben sveglio e con sporadiche considerazioni sul senso
della vita e della morte: “In fin dei
conti, per una mente ben organizzata, la morte non è che una nuova, grande
avventura”.
Ecco, ora affermerò una cosa
che mi trascinerà addosso le ire di tutti gli adoratori fanatici della saga di Harry Potter, trasformandomi in bersaglio
per incantesimi letali.
Se la Rowling si fosse fermata dopo questo primo romanzo,
letterariamente parlando non avrebbe fatto nulla di male. Tutti gli altri che
ne sono derivati (e li ho letti tutti) secondo me non hanno apportato nulla di
sostanzialmente significativo a questa prima vicenda. Brodo allungato con acqua
di rubinetto. Nel corso degli anni ogni nuova uscita mi ha annoiato
terribilmente (così come i film,
sempre più tetri e cupi) e di ciò che è successo dopo nella vicenda complessiva
ricordo poco più che niente.
Ma intanto questo Harry Potter e la pietra filosofale ha
innescato un processo che è andato avanti a valanga: la saga che ha stracciato
ogni record di vendita (fino a 15 milioni
di copie vendute in un solo giorno),
che ha incassato più di ogni altra nella storia dell’editoria e del cinema, che
ha riportato in auge il genere fantasy, con una miriade di
scopiazzatori che si sono dati da fare anelando lo stesso successo dell’inglese.
E tutto per merito di un maghetto undicenne sfigato e insignificante.
Niente da dire, proprio
brava.
Il Lettore