lunedì 31 dicembre 2018

L’ignoto ignoto


Ci sono cose che sappiamo di sapere. Ci sono cose che non sappiamo di sapere. Ma c’è l’ignoto ignoto, cioè le cose che non sappiamo di non sapere”.
Dopo aver letto Marco Malvaldi ho ripreso l’e-reader proseguendo nella lettura del chilometrico romanzo storico nel quale mi sono impelagato, ma per Natale mi è arrivata questa strenna inaspettata e ci ho messo mano subito.
Un libricino minuscolo ma prezioso, dal sottotitolo Le librerie e il piacere di non trovare quello che cercavi.
Anche se sarebbe più giusto modificarlo: Le librerie e il piacere di trovare ciò che non sapevi affatto di non stare cercando.



In questo minuscolo volumetto edito da Laterza e in vendita al costo di soli 2 euro, l’autore britannico Mark Forsyth esplora il concetto di quanto sia appagante trovare ciò di cui non immaginavi nemmeno l’esistenza.
In quest’era dominata da internet riusciamo a trovare tutto ciò che ci interessa in pochi minuti, ma come possiamo trovare quello che non conosciamo?
L’autore riporta questo esempio: “Io so che Parigi è la capitale della Francia, io so di non saper qual è la capitale dell’Azerbaigian, pur essendo certo che ce n’è una. il tipo di cosa che devo controllare. Ma io non so... e qui la faccenda si complica. Tu non sai qual è la capitale dell’Erewhon, perché non sospetti neppure lontanamente l’esistenza di un paese chiamato ‘Erewhon’ e quindi non ti rendi conto di questo buco nelle tue conoscenze. Non sai di non sapere. Per i libri funziona esattamente allo stesso modo.”
Io so di aver letto Anna Karenina, e so di non aver letto Guerra e pace (tanto per restare a Lev Tolstoj). Questo è un tipo di conoscenza nota, e mi posso benissimo immaginare l’entità potenziale di quello che non ho fatto, ma ci sono un’infinità di libri di cui non ho mai sentito parlare, per i quali non mi rendo neanche conto di ciò che ho perso non avendoli letti.
Quando sei in una libreria che non conosci e ti diverti a curiosare tra gli scaffali più nascosti, con la mente aperta a qualsiasi cosa stimoli la tua curiosità, se sei fortunato ti potrebbe capitare di imbatterti in una qualche perla della quale non sospettavi minimamente l’esistenza. E della quale, per lo stesso motivo, non ti saresti mai messo alla ricerca.
L’autore sostiene di essersi imbattuto spesso in libri di questo genere, e dal momento che anche a me questo caso fortuito è capitato diverse volte, capisco bene quanto possa fare piacere.  
Libretto carino e interessante che invita a essere sempre pronti a cogliere l’occasione, soprattutto quando non te l’aspetti. E soprattutto non sai cosa ti potresti aspettare.
Internet accoglie i tuoi desideri e te li risputa addosso, soddisfatti. Fai la ricerca, inserisci le parole che già conosci, le cose che già avevi in mente e la Rete ti restituisce un libro, un’immagine, una voce di Wikipedia. Ma questo è tutto. Le cose che non sai di non sapere le trovi altrove.
Con l'ultimo post dell'anno vi faccio gli Auguri per un buon 2019!
Il Lettore 



lunedì 24 dicembre 2018

La misura dell’uomo


Stavolta Marco Malvaldi è incappato nella sfortuna di essere letto subito dopo aver finito Murakami e, mi dispiace dirlo, non ha retto il confronto.
Dopo la scrittura semplice e cristallina del giapponese, ritrovare le complicazioni dello scrittore toscano, per di più trasposte in pieno Rinascimento (quasi millecinque… avrebbe detto Massimo Troisi), non ha giovato al chimico nostrano che inizia questo romanzo mettendo in campo troppi personaggi, utilizzando il linguaggio dell’epoca e inserendovi a ripetizione le sue battute, moderne e mordaci, con continui e anacronistici riferimenti ai giorni nostri e i suoi consueti e martellanti calembour da scrittore ormai navigato.
Marca male, sta a vedere che questa è la volta che mi tocca piantarlo, ho pensato dopo le prime pagine.
Poi, per fortuna, è migliorato.



Destreggiandosi tra le mille insidie politiche che minacciano la Signoria di Milano, tra i primi criminali tentativi di mettere in crisi il nascente e moderno sistema bancario, tra numerose relazioni eterosessuali (Ludovico il Moro) e omosessuali (Leonardo da Vinci), tra frecciate non così tanto nascoste all’attuale situazione politica e rigorose ricostruzioni storiche, Malvaldi mette in campo quello che alla fine risulta essere un buon romanzo storico, la cui facilità di lettura è però ostacolata soprattutto dal linguaggio adoperato, che in molti passaggi è l’italiano volgare dell’epoca, e dal vizio dell’autore di inserire a ripetizione quel trucchetto che avevo già descritto qui, cioè di iniziare i capitoli o i capoversi mettendo le stesse parole o gli stessi concetti con cui termina il precedente, cambiando il contesto in cui sono inseriti.

Un esempio:
– Dovremmo sapere qualcosa di più sulle intenzioni dei francesi – disse il Moro, dopo una lunga pausa. – È troppo tempo che aspettiamo, ormai.

– Certo che è troppo tempo che aspetto! – disse l’omino in calze e camicia da letto. – Dov’è la mia colazione? (in tutt’altra situazione e con altri personaggi).

E il bello è che quasi in ogni cambio di scena è usata questa tecnica. Se all’inizio può sembrare una cosa curiosa e anche piacevole per averla riconosciuta, alla lunga diventa ridondante e anche piuttosto fastidiosa. Il troppo stroppia, caro Marco, non l’hai ancora imparato?

L’inizio del romanzo, a causa del linguaggio non consueto e dell’introduzione dei numerosi personaggi con una minima descrizione per caratterizzare ognuno, non risulta né agevole né piacevole, ma da quando la vicenda entra nel vivo con un omicidio le cose migliorano per poi concludersi in maniera del tutto plausibile e dare la soddisfazione di aver letto un romanzo che merita.
Ma resta sempre il convincimento che leggere Murakami abbia fatto più piacere.
Ah, dimenticavo, buon Natale a tutti.
Il Lettore

martedì 18 dicembre 2018

L’assassinio del commendatore


Anche per me, con tutto che odio la bicicletta (e soprattutto i ciclisti), leggere Haruki Murakami è come andare in bicicletta su una leggera discesa, in una giornata di sole e con il vento tra i capelli. Piacevole, rilassante, nessuna fatica, divertimento puro.





Perché ha una scrittura superlativa, pulitissima, senza fronzoli, il massimo di semplicità e chiarezza. La ricerca della semplicità è uno dei suoi punti di forza, e Murakami in questo riesce benissimo senza annoiare minimamente.
Il giapponese ripete l’exploit di 1q84 facendo uscire un romanzo in due volumi: come si evince anche dal sottotitolo (Libro primo: idee che affiorano). Questo L’assassinio del commendatore è diviso in due parti delle quali la seconda uscirà a fine gennaio 2019. Non che ciò faccia stare con l’ansia di conoscere come andrà a finire: è come averne interrotta a metà la lettura per poi riprenderlo dopo un paio di mesi: non c’è una vicenda piena di pathos interrotta nel bel mezzo di un’azione entusiasmante, il tutto è molto tranquillo e le cose succedono consequenzialmente.
La vicenda: un pittore di ritratti su commissione viene lasciato dalla moglie. Dapprima si imbarca in un viaggio solitario in auto senza meta, quindi un amico gli offre di andare ad abitare nella villa che era stata di suo padre, ora fuori di testa in un ospizio, per controllarla e non permettere che la costruzione vada in malora. Dal momento che il padre del suo amico è un pittore famoso il protagonista accetta, e una volta arrivato nella casa gli accadono dei fatti che daranno una svolta non preventivata alla sua vita: il ritrovamento di un quadro nascosto dal proprietario dell’abitazione e il risiedente di una villa vicina che gli chiede di fargli un ritratto.
Da qui una concatenazione di fatti che modificheranno sostanzialmente la vita e il modo di pensare del protagonista.
Murakami ritorna alle dimensioni oniriche e alle atmosfere irreali che lo hanno reso famoso, sia pure trattate in modo molto blando, oserei dire molto realistico. Quale forma concreta può assumere una “idea”?
Libro bellissimo che fa paragonare l’autore a quei vini che invecchiando migliorano: la scrittura di Murakami è un’opera d’arte, al pari delle idee che gli affollano la mente. Il libro non ha nemmeno una parvenza di finale, questo è vero, ma si tratterà solamente di passare al prossimo volume invece che al prossimo capitolo e di aspettare poco meno di un paio di mesi.
Nulla di più.
Il Lettore

martedì 11 dicembre 2018

Il baco da seta


Un altro libro che ho preso da mia nipote è questo Il baco da seta, che non è un manuale sull’allevamento di vermiciattoli ma la seconda puntata delle avventure di Cormoran Strike, l’investigatore ideato dalla creatrice di Harry Potter sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith (per la prima puntata vedi qui).
J. K. Rowling è una manna per chi dovesse soffrire di insonnia.



Per questa seconda avventura del detective senza una gamba la Rowling scomoda l’ambiente letterario: Strike viene chiamato a indagare sulla sparizione di uno scrittore e ben presto le sue si trasformano in indagini per un omicidio.
Se ciò fosse possibile, questo romanzo è ancora più lento del primo. Ancora una volta la Rowling non risparmia la sua logorrea cercando di ritardare il più possibile il momento della rivelazione dell’assassino. Con infiniti interrogatori, la discesa in campo di personaggi nuovi, il ritrovamento di personaggi vecchi, qualsiasi scusa è buona per allungare il brodo e rendere interminabile questo libro. Oltre alla vicenda cervellotica e francamente poco credibile.
In effetti mi ero aspettato di meglio. Forse il mondo delle case editrici inglesi e delle persone che girano loro intorno, dagli impiegati ai proprietari agli editors era troppo stuzzicante per quella di loro che si trova all’apice di questo mondo.
Il criticato romanzo che si trova al centro della vicenda, Bombyx Mori, è un libercolo scandalistico in cui il suo autore, Owen Quine, usa un linguaggio scurrile e dà contro a tutti, agenti letterari, editori e romanzieri rivali. E chiaramente per questo motivo di gente che avrebbe voluto vederlo morto ce n’è parecchia. Ma la Rowling la fa troppo lunga prima di arrivare alla soluzione: i protagonisti sono anche interessanti (il detective e la sua assistente, quelli delle case editrici molto meno), ma non bastano per poterlo promuovere del tutto.
Il Lettore