Umberto
Eco, nelle Sei passeggiate nei boschi narrativi,
attribuisce l’epiteto di “narcisisti
disonesti e mendaci” a tutti coloro che sostengono di scrivere per se
stessi. Io mi limito a sostenere che essi sono solo degli ipocriti, in quanto
sono convinto che se si prende una penna in mano è per incidere dei segni confidando
che prima o poi vengano decifrati da qualcun altro.
Secondo Eco si scrive per
se stessi solo la lista della spesa, ma anche quella in genere si compila per
il coniuge che per farti un dispetto tende troppo spesso a dimenticarsi quelle
spinaci che proprio non riesce a strozzare.
E anche Roberto Cotroneo, nel suo Manuale di scrittura creativa per
principianti, sostiene che “si scrive per gli altri, mai solo per se
stessi”, e che anche quelli
che tengono un diario non lo distruggono perché “in fondo al loro cuore sperano comunque di farlo leggere a qualcuno un
giorno, un eletto, l’unico magari degno, ma quel qualcuno potrebbe un giorno
condividere con loro il piacere della scrittura”.
Ritengo che il sostenere
di scrivere per se stessi sia sterile, che sia un masturbarsi intellettivo che
può dare una soddisfazione momentanea ma non porta a nulla se non ad un
rinchiudersi ancora di più in se stessi. E che chi insista nella convinzione in
realtà menta sempre a se stesso. Se si scrive lo si fa sempre per qualcun altro, anche se questo qualcun altro è per il
momento soltanto nascosto nelle pieghe della coscienza. E’ un dialogo che si instaura
con un lettore ipotetico.
E
la conseguenza è che ciò ti costringe tutte le volte al dover scrivere in ogni caso al meglio che puoi, perché è invece un diritto di quel lettore ipotetico il
potersi confrontare con una prosa pulita, senza errori, sbavature o sgrammaticature
o concetti confusi, indipendentemente dallo stile e dai contenuti, per poterne
assimilare il messaggio nel modo più rispondente possibile a quelli che sono
stati gli intendimenti dell’autore. Un assioma che ne deriva è che quando
consegni un tuo scritto ad un qualsiasi
lettore, quello scritto non è più tuo, è diventato un’opera che
appartiene a tutti e tutti ne possono trarre qualsiasi significato vogliano,
che siano o no in accordo con quello che tu hai voluto trasmettere. E a quel
punto dovresti anche saper ricevere, non dico accettare, gli eventuali commenti
che ti potrebbero arrivare addosso, positivi o negativi che siano.
Non
ci si deve domandare se si scrive per se o per gli altri, ma bisogna in ogni
caso scrivere in modo che ciò che si rilegge sia gradito a se stessi.
Nonostante si scriva sempre per qualcun altro, il proprio Io deve essere
considerato il Lettore più importante, bisogna soddisfarlo scrivendo in modo
che esso provi un senso di appagamento ad ogni rilettura. Scrivere quindi su
argomenti che Gli interessino con
uno stile tale da darGli piacere;
scrivere in modo che l’Io Lettore possa stimare l’Io Autore. E questo non
significa scrivere per se stessi, ma operare in modo che ciò che piace a se
stessi possa poi piacere anche a quegli altri che potrebbero essere i veri
destinatari.
Penso
che nel momento in cui una persona si accinge a scrivere i suoi pensieri debba
sempre tenere a mente questi concetti, insieme a qualche centinaio di altre
regole di alcune delle quali magari si parlerà in seguito.
Lo Scrittore
PS: Un grazie al “maestro”
per l’immagine…