Io
leggo tanto. Ma tanto
veramente. Tanto che a volte questa attività assume un aspetto inquietantemente
compulsivo. Per mio puro piacere leggo scrittori che pubblicano per mestiere, e
come passatempo non retribuito valuto i testi di aspiranti scrittori che
ambirebbero a pubblicare. E di conseguenza leggendo entrambi, professionisti e
dilettanti, non posso fare a meno di notare le macroscopiche differenze che
traspaiono dagli elaborati redatti dagli appartenenti a queste categorie. Tra i
giocatori di bridge circola la voce che la
differenza tra un dilettante e un
professionista del gioco consiste nel fatto che quest’ultimo non sbaglia mai i contratti semplici. Nel campo
della scrittura le differenze tra le due figure ritengo siano molte, ma molte
di più:
Gli scrittori dilettanti
sono convinti di aver già imparato a scrivere alle elementari; gli scrittori professionisti continuano ad imparare a scrivere leggendo molto
ogni giorno.
I dilettanti si abbandonano
al piacere di descrizioni prolisse e inutili svisceramenti di stati d’animo; i professionisti
scrivono solo brani essenziali alla narrazione e non si perdono in superflui
allungamenti.
I dilettanti si lasciano
trasportare dal vento; i professionisti seguono una rotta.
I dilettanti si innamorano
del suono dei termini che usano; i professionisti vanno a guardare sul
dizionario il significato esatto.
I dilettanti spargono le
virgole come capita capita; i professionisti conoscono la grammatica, e quando
hanno dei dubbi la ripassano.
I dilettanti scrivono
quando il loro animo è tormentato; i professionisti tutti i giorni.
I dilettanti consentono all’autore
che stanno leggendo al momento di influenzare il proprio stile; i
professionisti rubano, ma non copiano.
I dilettanti scrivono raccontando
a se stessi storie che conoscono già; i professionisti raccontano storie perché
qualcun altro che non le conosce le legga e le comprenda.
I dilettanti non sono mai
sicuri che tu abbia ben capito il concetto, e allora te lo rispiegano tre
volte; i professionisti pensano che se non lo capisci alla prima sono cazzi
tuoi.
I dilettanti sono convinti
che la trama appena ideata sia il massimo dell’originalità; i professionisti
non sono mai sicuri che la trecentesima modifica funzioni davvero come
vorrebbero.
I dilettanti spesso
commentano se stessi; i professionisti non ne sentono il bisogno.
I dilettanti pensano di
essere obbligati ad elargire morali; i professionisti forniscono il materiale e
lasciano che il lettore si tragga le morali da solo.
I dilettanti considerano gli
“a capo” facoltativi; per i professionisti sono essenziali.
I dilettanti devono
riempire i testi di densi significati; i professionisti solo quando lo
ritengono necessario.
I dilettanti amano infiorettare
il testo di avverbi e aggettivi; i professionisti usano gli aggettivi necessari
e di avverbi meno ce ne sono e meglio è.
I dilettanti esagerano; i
professionisti moderano.
I dilettanti si sentono in
dovere di rendere poetici i loro testi; i professionisti no.
I dilettanti non correggono
quasi mai, e se lo fanno trovano sempre qualcosa da aggiungere; i
professionisti tutte le volte che correggono tagliano qualcosa.
Terminato un testo, i
dilettanti ritengono che sia l’opera più bella mai scritta al mondo; i
professionisti sono tormentati dai dubbi.
Lo Scrittore & il
Valutatore
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