Pressoché in contemporanea
con Reacher è arrivata in casa anche l’ultima avventura di Salvo Montalbano, questa proveniente direttamente dallo stand della Sellerio al Salone del Libro
di Torino dove il mio editor è andato
a passare un fine settimana cultural-gastronomic-archeologico. Nota di gossip: la Sellerio nella propria
postazione non fa nemmeno un euro di sconto sul prezzo di copertina, quindi
quasi quasi conviene comprare nella libreria della quale siamo clienti
affezionati. Chiusa parentesi. Ovviamente, dal momento che il mio editor è l’unica persona di mia
conoscenza che legge più di me, ha già iniziato il romanzo ancora prima di
tornare all’ovile.
Avevo appena finito di leggere Child e stavo girellando per casa
palesando gli atteggiamenti schizofrenici di uno che ha appena finito di leggere Child e sta cercando disperatamente qualcos’altro
alla stessa altezza. Il mio editor era
intenta a guardare la televisione ma, una volta notato il mio nervosismo (o
forse solo perché il mio continuo circumnavigare il divano la distraeva dalla (sacra) degustazione di Law & Order Special
Victim Unit), mi si è rivolta con aria magnanima: “Se vuoi puoi prendere Montalbano, io comincerò Reacher…”.
Ora, pur sapendo che prima o
poi dovrò ripagare con gli interessi questa munifica elargizione, non ho saputo
resistere e ringraziando a denti stretti mi sono immerso subito nel siciliano
sempre più stretto di Andrea Camilleri.
Proprio così: sempre più stretto. Andando avanti con i libri il dialetto con i
quali sono scritti assume connotati sempre più tipici e particolareggiati, fino
al punto che in diverse occasioni mi sono trovato in difficoltà nel riuscire a
tradurre qualche termine che non conoscevo ancora (e ciò di pari passo con le
simil-sinossi di Salvatore Silvano Nigro
nelle bandelle, che con il progredire delle avventure di Montalbano si fanno
sempre più criptiche e illeggibili…).
Per curiosità sono andato a
ripescare La forma dell’acqua, il
primo romanzo in cui appare il commissario più amato d’Italia la cui prima edizione
è datata 1994, e mi sono messo a leggerne dei brani. In ventun anni l’impatto
dei romanzi di Montalbano si è modificato drasticamente: non tanto per lo stile
e il ritmo, le cui variazioni risultano meno marcate, ma il lessico è diventato
del tutto un’altra cosa. Se all’inizio c’era solo qualche “scivolata” nel
dialetto, soprattutto nei dialoghi (e ricordo che questo all’inizio mi aveva
infastidito, prima di esserne conquistato), con le ultime puntate il linguaggio
è diventato quasi del tutto alieno dall’italiano, e costituito quasi
interamente da un siciliano strettissimo esteso anche alle parti narrate. Una
volta preso il ritmo, comunque, si gusta bene lo stesso, ma penso che ciò possa
creare dei grossi problemi a quei lettori, ignari di siculo, che per la prima
volta si avvicinano a questi romanzi.
La
giostra degli scambi mi è
piaciuto, si legge bene e, anche se non è scevra da qualche incongruenza, mi è
sembrato che regga anche la trama a differenza di qualcuna delle puntate più recenti.
La caratterizzazione dei personaggi seriali non pecca delle esagerazioni nelle
quali Camilleri era caduto ultimamente (riducendo Catarella a una macchietta,
per esempio), ma ritorna a essere ben calibrata e più soddisfacente, mentre i
personaggi di contorno sono ben costruiti e plausibili anche se si può trovare
da sindacare su qualche motivazione delle loro azioni. In definitiva mi è
sembrato migliore delle ultime avventure, più brioso e dal ritmo più veloce,
con un Montalbano che, sebbene assillato dal pensiero della vecchiaia che
avanza suo malgrado, si muove sciolto tra le circonvoluzioni della vicenda.
O mi sarà piaciuto più degli
altri solo perché Livia appare poco?
Il Lettore
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