Dal salto a Torino di figlio
e consorte c’è scappato anche un ulteriore regalino
riservato al lato musicofilo del sottoscritto, che gradisce (molto) e
ringrazia. L’idea del regalino è stata innescata dopo che il mio editor si è fermato ad assistere alla
presentazione di questo libro, condotta da Marco
Malvaldi e Adriano Sofri.
Ne
hanno parlato veramente molto molto bene… mi ha riferito. Grazie
al cazzo, le ho risposto, non sarebbe
potuto essere altrimenti, visto che pubblicano entrambi con Sellerio. Mi è
sembrato sia rimasta un po’ perplessa: il suo candore congenito non le consente di tenere conto di certi
meccanismi.
Comunque, almeno in
quell’occasione i due presentatori avevano tutte le ragioni: non conoscevo Pietro Leveratto né come autore né come
musicista, mai sentito nominare, e se come contrabbassista non saprei ancora
poterne quantificare il valore, devo dire che come scrittore e saggista l’ho
promosso in pieno, perché questo Con la
musica mi ha proprio divertito.
Il libro è costruito sulla
falsa riga di quel Curarsi con i libri
che ho recensito qualche tempo fa. In questo caso Pietro Leveratto raccoglie in ordine alfabetico una serie di
situazioni o stati d’animo comuni nella vita di ognuno di noi (cito a caso: Agorafobia, Emicrania, Inappetenza, Paura di volare, Timidezza ecc. ecc.), e per ogni voce fornisce uno o più brani
musicali da ascoltare che hanno un’attinenza più o meno stretta con
l’argomento, completando ogni pezzo con aneddoti sui musicisti che quei brani
li hanno creati o suonati. Non a caso il sottotitolo recita Note e storie per la vita quotidiana, e
la pubblicità lo descrive come un elenco da cui attingere per dotare di una
cornice musicale adeguata qualsiasi evento della nostra vita.
Qualcuno infatti sostiene che
sarebbe meglio leggerlo con un ipod a portata di mano per gustarsi
i brani relativi man mano che si stanno leggendo gli aneddoti, e devo ammettere
che non sarebbe una cattiva idea. Anche perché le notizie sono veramente
interessanti, e a volte anche raccontate in maniera non banale, il che richiede
un certo grado di concentrazione e di attenzione per poter proseguire. E va
bene così.
Il libro mi ha divertito per
questo e perché i musicisti citati sono una marea, dei quali molti di mia conoscenza (si va da Stockhausen ai Genesis, da Prince a Rachmaninov), e perché ha stuzzicato la
mia curiosità nei confronti di quelli che non avevo mai sentito nominare: mi
sono appuntato una discreta quantità di brani che prima o poi dovrò ascoltare.
I resoconti sono conditi spesso
da un umorismo arguto anche sotto forma di battute che fanno sorridere. Per
riportare un esempio, alla lettera “F”, nel capitoletto “Feticismi”, l’autore
cita la leggenda metropolitana sostenente come dietro le creazioni dei Beatles ci fosse una mente occulta, un
segreto quinto beatle nelle spoglie
di Theodore Ludwig Wiesengrund-Adorno,
filosofo e musicologo tedesco, che avrebbe scritto per conto dei fabfour testi e musiche dei loro
successi (tale leggenda si fonda sul fatto che Adorno ha detenuto per un certo
tempo parte dei diritti d’autore dei Beatles
prima di cederli a Michael Jackson― NdF).
Tra le altre cose, Leveratto dice:
“Ora,
a parte il divertimento di immaginarsi Theodore W. [Adorno] seduto in studio di
registrazione con John e Paul che dice: «allora, qui ci mettiamo un accordo di
sesta… bravo ragazzo, esatto, metti il mignolo su quella corda, non ti sforzare
di capire cosa ho detto», scena che, lo ammetterete, non è niente male, vengono
in mente i pensieri consueti non tanto riguardo alla madre dei cretini quanto
dei suoi figli che si connettono.”
E la battuta è davvero molto carina, a sottolineare
ancora una volta (e in modo mica tanto ellittico) come nel caso dei fabfour il totale risultante sia stato di
molto maggiore della somma delle virtù musicali riconosciute dei singoli
componenti.
Anche se qua e là ho notato
diversi refusi che testimoniano un editing
un po’ tirato via, i giudizi che si trovano in giro per la rete sono quasi
unanimemente concordi nell’affermare che si tratta di un libro che merita, cosa
che penso anch’io. Sono rimasto perplesso quando invece ne ho letto uno che
attacca il libro in modo spietato, praticamente distruggendolo, cosa che a mio
parere è veramente eccessiva e ingiustificata: sa tanto di risentimento personale nei confronti dell’autore, ed
è per questo che invito ancora una volta a dubitare sempre delle affermazioni
che si leggono in rete, o perlomeno a farci sempre sopra un po’ di tara.
Fra i tanti, uno degli
aneddoti che mi hanno colpito davvero è la notizia del cartello (che prima o
poi sicuramente copierò a costo di litigare con la consorte) che Kaikhosru Shapurji Sorabji, nato Leon Dudley e di ascendenti indiani,
uno dei musicisti più enigmatici del ‘900, ha appeso all’ingresso della
villetta del South Dorset dove ha
abitato per parecchi anni: “VISITORS UNWELCOMED”.
Fantastico, lo voglio
anch’io.
Il Lettore musicofilo
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