lunedì 25 maggio 2015

Con la musica

Dal salto a Torino di figlio e consorte c’è scappato anche un ulteriore regalino riservato al lato musicofilo del sottoscritto, che gradisce (molto) e ringrazia. L’idea del regalino è stata innescata dopo che il mio editor si è fermato ad assistere alla presentazione di questo libro, condotta da Marco Malvaldi e Adriano Sofri.
Ne hanno parlato veramente molto molto bene… mi ha riferito. Grazie al cazzo, le ho risposto, non sarebbe potuto essere altrimenti, visto che pubblicano entrambi con Sellerio. Mi è sembrato sia rimasta un po’ perplessa: il suo candore congenito non le consente di tenere conto di certi meccanismi.
Comunque, almeno in quell’occasione i due presentatori avevano tutte le ragioni: non conoscevo Pietro Leveratto né come autore né come musicista, mai sentito nominare, e se come contrabbassista non saprei ancora poterne quantificare il valore, devo dire che come scrittore e saggista l’ho promosso in pieno, perché questo Con la musica mi ha proprio divertito. 




Il libro è costruito sulla falsa riga di quel Curarsi con i libri che ho recensito qualche tempo fa. In questo caso Pietro Leveratto raccoglie in ordine alfabetico una serie di situazioni o stati d’animo comuni nella vita di ognuno di noi (cito a caso: Agorafobia, Emicrania, Inappetenza, Paura di volare, Timidezza ecc. ecc.), e per ogni voce fornisce uno o più brani musicali da ascoltare che hanno un’attinenza più o meno stretta con l’argomento, completando ogni pezzo con aneddoti sui musicisti che quei brani li hanno creati o suonati. Non a caso il sottotitolo recita Note e storie per la vita quotidiana, e la pubblicità lo descrive come un elenco da cui attingere per dotare di una cornice musicale adeguata qualsiasi evento della nostra vita.

Qualcuno infatti sostiene che sarebbe meglio leggerlo con un ipod a portata di mano per gustarsi i brani relativi man mano che si stanno leggendo gli aneddoti, e devo ammettere che non sarebbe una cattiva idea. Anche perché le notizie sono veramente interessanti, e a volte anche raccontate in maniera non banale, il che richiede un certo grado di concentrazione e di attenzione per poter proseguire. E va bene così.
Il libro mi ha divertito per questo e perché i musicisti citati sono una marea, dei quali molti di mia conoscenza (si va da Stockhausen ai Genesis, da Prince a Rachmaninov), e perché ha stuzzicato la mia curiosità nei confronti di quelli che non avevo mai sentito nominare: mi sono appuntato una discreta quantità di brani che prima o poi dovrò ascoltare.
I resoconti sono conditi spesso da un umorismo arguto anche sotto forma di battute che fanno sorridere. Per riportare un esempio, alla lettera “F”, nel capitoletto “Feticismi”, l’autore cita la leggenda metropolitana sostenente come dietro le creazioni dei Beatles ci fosse una mente occulta, un segreto quinto beatle nelle spoglie di Theodore Ludwig Wiesengrund-Adorno, filosofo e musicologo tedesco, che avrebbe scritto per conto dei fabfour testi e musiche dei loro successi (tale leggenda si fonda sul fatto che Adorno ha detenuto per un certo tempo parte dei diritti d’autore dei Beatles prima di cederli a Michael Jackson― NdF). Tra le altre cose, Leveratto dice:
“Ora, a parte il divertimento di immaginarsi Theodore W. [Adorno] seduto in studio di registrazione con John e Paul che dice: «allora, qui ci mettiamo un accordo di sesta… bravo ragazzo, esatto, metti il mignolo su quella corda, non ti sforzare di capire cosa ho detto», scena che, lo ammetterete, non è niente male, vengono in mente i pensieri consueti non tanto riguardo alla madre dei cretini quanto dei suoi figli che si connettono.”
E la battuta è davvero molto carina, a sottolineare ancora una volta (e in modo mica tanto ellittico) come nel caso dei fabfour il totale risultante sia stato di molto maggiore della somma delle virtù musicali riconosciute dei singoli componenti.
Anche se qua e là ho notato diversi refusi che testimoniano un editing un po’ tirato via, i giudizi che si trovano in giro per la rete sono quasi unanimemente concordi nell’affermare che si tratta di un libro che merita, cosa che penso anch’io. Sono rimasto perplesso quando invece ne ho letto uno che attacca il libro in modo spietato, praticamente distruggendolo, cosa che a mio parere è veramente eccessiva e ingiustificata: sa tanto di risentimento personale nei confronti dell’autore, ed è per questo che invito ancora una volta a dubitare sempre delle affermazioni che si leggono in rete, o perlomeno a farci sempre sopra un po’ di tara.
Fra i tanti, uno degli aneddoti che mi hanno colpito davvero è la notizia del cartello (che prima o poi sicuramente copierò a costo di litigare con la consorte) che Kaikhosru Shapurji Sorabji, nato Leon Dudley e di ascendenti indiani, uno dei musicisti più enigmatici del ‘900, ha appeso all’ingresso della villetta del South Dorset dove ha abitato per parecchi anni: “VISITORS UNWELCOMED”.
Fantastico, lo voglio anch’io.
Il Lettore musicofilo

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