sabato 16 agosto 2014

Sostiene Pereira

Ho trovato molti punti di contatto tra il mio modo di pensare e la filosofia del libro di Antonio Tabucchi, non ultimo il fatto che anche a me piace molto la spremuta di limone (senza zucchero), ma anche dei concetti che non condivido: Tabucchi lascia trasparire tutto l’amore che prova per una Lisbona dipinta in modo da apparire meravigliosa, ma che io, quando l’ho visitata, ho trovato cupa e tristissima.

Forse sarà perché l’ho fatto d’inverno. 


Bellissimo romanzo, questo Sostiene Pereira, pacato, con un linguaggio semplice e lineare ma emozionante, un vero capolavoro dal tono in crescendo che porta il lettore a riflettere, soprattutto in una situazione politica come quella che stiamo vivendo. Ma non parliamo di politica, che il lettore potrebbe non gradire.
Un romanzo di tras-formazione, un protagonista che da anonimo e abitudinario, magnificamente tratteggiato da Tabucchi in modo tale da ispirare nel lettore un senso di mediocrità tale da rasentare lo squallore, è indotto dagli avvenimenti a cambiare il suo modo di comportarsi fino a sfociare in una presa di coscienza e nella ribellione che cambierà del tutto la sua vita. Un antieroe che in un impeto di riscatto finisce col diventare eroe.
Lo stile di scrittura è dominato da quell’ossessivo sintagma “sostiene Pereira”, “Pereira sostiene che…”, “Pereira sostiene di…”, “sostiene…” che assume un ruolo di tormentone ribadito in modo martellante come se il narratore esterno alla storia stesse trascrivendo la vicenda mentre ascolta lo stesso Pereira che gliela sta raccontando, e a quel sintagma il lettore si affeziona e dopo un po’ non aspetta altro che di vederlo comparire almeno una volta in ogni periodo.
Un romanzo che mi è piaciuto veramente tanto, di quelli che restano dentro e che tutti dovrebbero leggere. Mi hanno detto che anche il film che ne hanno tratto, con Marcello Mastroianni nel ruolo di Pereira, merita di essere visto. Lo farò senz’altro.
Il Lettore

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