Ho trovato molti punti di
contatto tra il mio modo di pensare e la filosofia del libro di Antonio Tabucchi, non ultimo il fatto
che anche a me piace molto la spremuta di limone (senza zucchero), ma anche dei
concetti che non condivido: Tabucchi lascia trasparire tutto l’amore che prova
per una Lisbona dipinta in modo da apparire meravigliosa, ma che io, quando
l’ho visitata, ho trovato cupa e tristissima.
Forse sarà perché l’ho
fatto d’inverno.
Bellissimo romanzo, questo Sostiene Pereira, pacato, con un
linguaggio semplice e lineare ma emozionante, un vero capolavoro dal tono in
crescendo che porta il lettore a riflettere, soprattutto in una situazione
politica come quella che stiamo vivendo. Ma non parliamo di politica, che il
lettore potrebbe non gradire.
Un romanzo di tras-formazione, un protagonista che da
anonimo e abitudinario, magnificamente tratteggiato da Tabucchi in modo tale da
ispirare nel lettore un senso di mediocrità tale da rasentare lo squallore, è
indotto dagli avvenimenti a cambiare il suo modo di comportarsi fino a sfociare
in una presa di coscienza e nella ribellione che cambierà del tutto la sua
vita. Un antieroe che in un impeto di riscatto finisce col diventare eroe.
Lo stile di scrittura è
dominato da quell’ossessivo sintagma “sostiene
Pereira”, “Pereira sostiene che…”, “Pereira sostiene di…”, “sostiene…” che
assume un ruolo di tormentone ribadito in modo martellante come se il narratore
esterno alla storia stesse trascrivendo la vicenda mentre ascolta lo stesso Pereira
che gliela sta raccontando, e a quel sintagma il lettore si affeziona e dopo un
po’ non aspetta altro che di vederlo comparire almeno una volta in ogni
periodo.
Un romanzo che mi è
piaciuto veramente tanto, di quelli che restano dentro e che tutti dovrebbero
leggere. Mi hanno detto che anche il film che ne hanno tratto, con Marcello Mastroianni nel ruolo di
Pereira, merita di essere visto. Lo farò senz’altro.
Il Lettore
Nessun commento:
Posta un commento