6 – L’ELLISSE (ovvero: date per scontato!)
Bene, cominciamo a trattare
qualche argomento serio, partendo da una tecnica che troppo spesso viene
ignorata dai principianti della scrittura che per lo più sono ansiosi di far
leggere a qualche malcapitato tutto
quello che passa loro per la testa.
In
una narrazione, lo scrivere in modo ellittico
è il dare per scontati molti fatti
senza descriverli, ed è un’arma potente nelle mani di uno scrittore che sappia
adoperarla.
Dico
che questa tecnica è un’arma potente perché consente di far lavorare il lettore e lo costringe a doversi immaginare
situazioni. Come sosteneva Joseph Conrad:
“Si scrive soltanto una metà del libro,
dell’altra metà si deve occupare il lettore”.
Esempi
di scrittura ellittica?
Lev Tolstoj non descrive mai la sua Anna Karenina: in tutto il romanzo si limita solamente a dire che è una bella donna.
John Le Carrè è un maestro dello scrivere
ellittico: nelle sue storie il lettore entra in situazioni in cui quasi tutto
dall’autore è dato per scontato. Da principio si prova un po’ di fatica a
capire dove ci si sta muovendo e soprattutto dove si sta andando, ma ben presto
si entra nel meccanismo e da allora diventa quasi impossibile il lasciarlo.
Isaac Asimov, nella trilogia galattica che
ha scritto poco più che ventenne, sottintende addirittura un intero impero
interstellare che si evolve in centinaia di anni, quasi senza descriverlo
affatto, ma facendo trovare il lettore stesso al suo interno dando per scontate
ambientazioni e invenzioni straordinarie, futuristici modi di fare e perfino
immaginarie (ma reali nel romanzo) vicende storiche, e questi si muove comunque
agevolmente tra regni e pianeti e astronavi avendo ben chiaro il disegno complessivo.
Ce ne sarebbero molti altri, ma con un po’ di
narcisismo mi metto in mezzo io stesso: nel primo romanzo che ho pubblicato ho
adoperato la tecnica dell’ellisse nel descrivere il momento immediatamente
precedente una devastante scossa di terremoto. Ecco il brano: “Né Kappa col suo istinto lupesco, né Matilde
con la sua preveggenza felina ne ebbero sentore. Tantomeno io, che me ne stavo
steso sul divano letto intento a scoprire con stupore che come nuovo presidente
degli Stati Uniti era stato appena nominato Jack Ryan. Dapprima cominciò con il
boato…” eccetera.
Nella frase (sott)intendevo
dire che nel momento di cui si sta parlando l’io narrante del romanzo era intento
a leggere il romanzo Debito d’onore
di Tom Clancy, al termine del quale
il protagonista seriale dei romanzi dell’autore statunitense finisce dopo una
serie di peripezie con l’essere nominato Presidente degli Stati Uniti
d’America. Ora, chi tra i lettori del mio romanzo ha letto quel libro si sarà
gustato la citazione e avrà capito cosa stava facendo il personaggio principale
in quel momento; chi invece non conosce quel libro avrà forse capito lo stato
d’animo del narrante da quel “con stupore”,
e magari è possibile che gli sia venuto il desiderio di andare a documentarsi
per capire a chi mi riferivo nominando un Jack
Ryan che nella realtà non è mai figurato tra i Presidenti degli USA. E per quelli
ai quali la curiosità non fosse venuta… be’, pace, mentre scrivevo mi stavo
rivolgendo al mio lettore ideale (e
non starò qui a specificare la differenza tra lettore ideale e lettore
empirico, andate a riguardarvi Umberto
Eco), o, detta in maniera diversa, a me andava di rappresentare quella situazione in quel modo.
Come ho già scritto in un post
di qualche giorno fa, alcuni autori invece esagerano nel fornire indicazioni,
presumendo a torto che tutti i lettori siano cretini o ignoranti. Nel post mi riferivo al brano in cui Guillaume Musso, nel suo La ragazza di carta, fa pensare al
protagonista che è anche l’io narrante del libro: “Ho voglia di ascoltare Kind of
Blue, il capolavoro di Miles Davis”.
Questa specificazione dell’autore, così come l’affermare che quel disco è un
capolavoro, anche se pura verità è uno stucchevole pleonasmo, per di più pure
irreale perché nessuno, nell’atto di svolgere un’azione, rammenta a se stesso
tutti i particolari di cose già acquisite.
Se mi viene voglia di ascoltare
della musica, magari penso: “Quasi quasi
metto su Kennedy…” e prendo il compact
e lo inserisco nel lettore. Non perdo tempo a ricordare a me stesso che la
composizione che intendo ascoltare non è altro che Le quattro stagioni di Antonio
Vivaldi nell’interpretazione del violinista Nigel Kennedy (molto più briosa dell’altra versione che possiedo
con la solista Anne Sophie Mutter, peraltro
bravissima e accompagnata dalla Wiener
Philarmoniker diretta da Herbert Von
Karajan…) per il semplice fatto che lo so già, non devo renderne edotto
nessuno, e quindi mi limito a pensare “Quasi
quasi metto su Kennedy…” e basta.
Mi sbaglio? Non vi
comportate così anche voi?
Specificare in
continuazione può essere deleterio.
E persistere nell’ignorare
questa tecnica può condurre a conseguenze
tragiche: nel valutare elaborati di dilettanti mi capita a volte di
incontrare scritti il cui primo capitolo è magari interessante, con un
personaggio dotato di spessore, scritto bene e che suscita un certo interesse.
La maggior parte delle volte però questo primo capitolo è vanificato da un secondo capitolo nel quale l’autore
racconta per filo e per segno tutta la storia del personaggio che dapprima
aveva suscitato curiosità, smorzando quest’ultima e appiattendo il tutto in una
noia mortale che porta irrimediabilmente alla sospensione della lettura. Non
fatelo! Date per scontato, se siete riusciti a rendere interessante un
protagonista, non uccidetelo subito raccontando delle poesie che scriveva da
piccolo o quante volte ha divorziato o quanto sono carini i due figli o tutto
quello che gli passa per la mente.
In pratica dovrete forzare voi stessi a non mettere nello scritto tutto quello che a voi
passa per la testa. Segnatevelo a parte, andrà a costituire un background al quale attingere per una
migliore caratterizzazione del personaggio, ma convincetevi che non tutto ciò che gli costruirete
addosso sarà necessario ai fini della storia che state raccontando.
Il problema è che troppi
dilettanti si innamorano troppo
delle cose che vengono loro in mente e non pensano che invece una buona parte
di esse potrebbe essere deleteria ai fini della narrazione.
Tagliate, gente, tagliate…
Lo Scrittore Insegnante
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