A concludere la serie di regalini giunti da Torino è l’ultimo
romanzo ― romanzo… un po’ azzardato definirlo romanzo, caso mai racconto lungo,
o short novel, o fate un po’ voi ma non avevo voglia di scrivere più di tanto, ma quel
poco l’ho fatto bene ― di Amélie
Nothomb, la scrittrice belga una cui apparizione fornisce un’impressione
situata a metà strada tra un’atmosfera gotica e Alice nel paese delle meraviglie (vedi la foto in copertina).
Pubblicato nel 2015, Il delitto del conte Neville ricalca
l’andazzo al quale la Nothomb ha abituato i suoi lettori: romanzi brevi adatti
ai formati tascabili, di poche decine di pagine ognuno (questo ne conta 93),
dotati però di una realizzazione impeccabile
in ogni loro aspetto, a partire dalla trama, proseguendo con lo stile per
finire con un salto nella metaletteratura.
Il conte Henri Neville è un nobile belga finanziariamente decaduto e da
generazioni sull’orlo del lastrico, e arrivato al limite della sopravvivenza si
trova costretto a vendere la sua stupenda, seppur in rovina, tenuta di campagna
con annesso castello, e per salutare per sempre la propria casa con lo squisito
stile che lo ha da sempre contraddistinto decide di organizzare una festa
sontuosa alla quale sarà invitato il gotha
della nobiltà della nazione.
Il problema è che una
misteriosa cartomante, pochi giorni
prima della festa, gli predirà che nel corso del ricevimento lui stesso ucciderà uno degli invitati.
Gli ingredienti per suscitare
curiosità nel lettore ci sono tutti, e la Nothomb è brava a giostrarli
manovrando i suoi burattini fino a indagare le singole psicologie all’interno
della famiglia del conte e andando a scomodare persino Oscar Wilde nel gioco delle citazioni, per non parlare della
quintessenza della tragedia greca.
Accadrà davvero che l’integerrimo conte ammazzerà
un proprio invitato? Sarà davvero costretto a traslocare in uno squallido
condominio abbandonando il suo castello?
Lo stile della Nothomb è perfetto fino alla risoluzione della
vicenda, sempre mostrando e non dicendo e lasciando che il lettore si trovi
avviluppato dai fatti che si susseguono restando sempre invogliato dal vederne
la risoluzione. I personaggi importanti del romanzo sono ritratti con acume e
delicatezza e la ricostruzione psicologica, sia pure permeata di un certo
surrealismo, è piacevole da seguire fino al colpo di scena finale che anche se non originalissimo in ogni caso
soddisfa le aspettative del lettore.
Quando il mio editor mi ha chiesto se il regalino mi
fosse piaciuto, alla mia risposta positiva
mi è parsa sollevata (questo perché il romanzo ha soddisfatto anche lei) quasi
non credesse alle proprie orecchie. Lì per lì le avrei voluto far notare che
stiamo parlando, per quanto strana, di una scrittrice belga, e non di una proveniente
dall’America latina.
Ma l’esperienza insegna, e
sono rimasto in silenzio.
Il Lettore
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