giovedì 2 giugno 2016

Il delitto del conte Neville

A concludere la serie di regalini giunti da Torino è l’ultimo romanzo ― romanzo… un po’ azzardato definirlo romanzo, caso mai racconto lungo, o short novel, o fate un po’ voi ma non avevo voglia di scrivere più di tanto, ma quel poco l’ho fatto bene ― di Amélie Nothomb, la scrittrice belga una cui apparizione fornisce un’impressione situata a metà strada tra un’atmosfera gotica e Alice nel paese delle meraviglie (vedi la foto in copertina).




Pubblicato nel 2015, Il delitto del conte Neville ricalca l’andazzo al quale la Nothomb ha abituato i suoi lettori: romanzi brevi adatti ai formati tascabili, di poche decine di pagine ognuno (questo ne conta 93), dotati però di una realizzazione impeccabile in ogni loro aspetto, a partire dalla trama, proseguendo con lo stile per finire con un salto nella metaletteratura.
Il conte Henri Neville è un nobile belga finanziariamente decaduto e da generazioni sull’orlo del lastrico, e arrivato al limite della sopravvivenza si trova costretto a vendere la sua stupenda, seppur in rovina, tenuta di campagna con annesso castello, e per salutare per sempre la propria casa con lo squisito stile che lo ha da sempre contraddistinto decide di organizzare una festa sontuosa alla quale sarà invitato il gotha della nobiltà della nazione.
Il problema è che una misteriosa cartomante, pochi giorni prima della festa, gli predirà che nel corso del ricevimento lui stesso ucciderà uno degli invitati.
Gli ingredienti per suscitare curiosità nel lettore ci sono tutti, e la Nothomb è brava a giostrarli manovrando i suoi burattini fino a indagare le singole psicologie all’interno della famiglia del conte e andando a scomodare persino Oscar Wilde nel gioco delle citazioni, per non parlare della quintessenza della tragedia greca. Accadrà davvero che l’integerrimo conte ammazzerà un proprio invitato? Sarà davvero costretto a traslocare in uno squallido condominio abbandonando il suo castello?
Lo stile della Nothomb è perfetto fino alla risoluzione della vicenda, sempre mostrando e non dicendo e lasciando che il lettore si trovi avviluppato dai fatti che si susseguono restando sempre invogliato dal vederne la risoluzione. I personaggi importanti del romanzo sono ritratti con acume e delicatezza e la ricostruzione psicologica, sia pure permeata di un certo surrealismo, è piacevole da seguire fino al colpo di scena finale che anche se non originalissimo in ogni caso soddisfa le aspettative del lettore.
Quando il mio editor mi ha chiesto se il regalino mi fosse piaciuto, alla mia risposta positiva mi è parsa sollevata (questo perché il romanzo ha soddisfatto anche lei) quasi non credesse alle proprie orecchie. Lì per lì le avrei voluto far notare che stiamo parlando, per quanto strana, di una scrittrice belga, e non di una proveniente dall’America latina.
Ma l’esperienza insegna, e sono rimasto in silenzio.
Il Lettore 

Nessun commento:

Posta un commento