giovedì 16 giugno 2016

La regola dell’equilibrio

Cosa fanno diecimila avvocati in fondo al mare? Un buon inizio.
Lo so, è vecchia, ma è sempre la prima cosa che mi viene in mente quando sento parlare di avvocati. Oltre a spiegare uno dei perché dell’affermazione precedente, anche quest’altra è carina:
Oggi me ne hanno detta una buona sugli avvocati. Ti piacerà. Dunque, un avvocato e un ingegnere sono alle Maldive, in spiaggia, che sorseggiano un cocktail. L’avvocato dice: «Io sono qui perché la mia casa è bruciata e con lei tutto ciò che possedevo. La mia assicurazione ha pagato e ho cambiato vita». L’ingegnere risponde: «Ma guarda la coincidenza. Io sono qui perché la mia casa e tutti i miei beni sono stati distrutti da un’inondazione. La mia assicurazione ha pagato e ho cambiato vita anch’io». L’avvocato assume un’aria perplessa. «C’è una cosa che non capisco». «Cosa?» gli chiede l’ingegnere. «Come diavolo hai fatto a provocare l’inondazione?»



Il brano è tratto dalla quinta avventura di Guido Guerrieri, l’avvocato boxeur frutto della penna del magistrato Gianrico Carofiglio, uscita nel 2014 col titolo La regola dell’equilibrio. A testimoniare che l’autore possiede una buona dose di autoironia che permette al romanzo di essere anche simpatico e divertente.

Con questo libro ho bissato la quantità di tempo sottratta al sonno a causa dell’ultimo Montalbano. Letto in due sere tirando tardi entrambe le volte senza crollare con la faccia sulle pagine, ad onta dei sia pur lunghi brani in cui Carofiglio sfoggia il suo background professionale approfondendo non poco i tecnicismi giuridici e gli iter procedurali.
Al di là di questo, e considerando poi che anche queste prolisse digressioni sono interessanti e godibilissime, il romanzo si legge veramente bene grazie anche al raccontare in prima persona di Guerrieri, che esce spesso dal seminato con escursioni nel quotidiano e nelle proprie riflessioni di quarantott’enne parzialmente deluso dalla vita con esperienze alle spalle che lo permeano di un’amarezza di fondo solo parzialmente occultata dall’arguzia che lascia fuoriuscire all’esterno. In altre precedenti avventure di Guerrieri avevo trovato che molte di queste digressioni apparivano leggermente forzate, quasi fossero servite solo ad allungare il numero di pagine del libro, mentre stavolta non ho avuto la stessa impressione e il tutto mi è parso coerente, se non sempre con la trama del libro quanto con la psicologia del personaggio e i suoi dubbi.
Sì, perché il romanzo tratta essenzialmente di dubbi: su di sé, sulla vita in genere, sui trascorsi di ognuno, di scelte su cosa sia giusto o non giusto fare, e di quanto queste scelte ti costringano sempre a camminare in equilibrio sulla lama di rasoio della vita.
Guido Guerrieri è chiamato a dover difendere un amico, un giudice importante accusato di corruzione, e si accinge al compito con la consueta serietà che lo ha sempre contraddistinto. Ma il caso lo porterà a riflettere, rendendone partecipe il lettore, sui temi generali dell’etica, della deontologia professionale e di quanto quest’ultima possa essere interpretata in modo elastico fino ad entrare in conflitto con le proprie radicate convinzioni.
Fanno di contorno al caso un gruppo di personaggi che Carofiglio sa rendere interessanti: la bella investigatrice Annapaola che di notte gira con una mazza da baseball nella sacca, e il suo gatto Gatto, che come gatto (perdonate la ridondanza) assomiglia più a una lince che a un maine coon; l’amico poliziotto Carmelo, il libraio/barista Ottavio; le anziane letterate piacevoli incontri di una sera.
E resta simpatico pure Sacco, l’inanimato assorbitore di cazzotti appeso al centro della sala con il quale Guerrieri intrattiene piacevoli conversazioni fatte di sventole e riflessioni, alle quali l’attrezzo sembra partecipare con cognizione di causa, come un amico compreso del proprio ruolo.
Il Lettore 

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