Un altro Alessandro Baricco, stavolta in un
divertimento d’autore che… be’, sì, lui si sarà anche divertito, non lo metto
in dubbio, e non nego nemmeno che la sua bravura si fa ancora una volta notare,
non si può dire di no, ma alla fine questo Tre
volte all’alba, con i suoi personaggi enigmatici, le situazioni fumose, i
concatenamenti misteriosi, alla fine, dicevo, lascia un po’ il tempo che trova.
Questo titolo sotto forma
di romanzo ipotetico, Tre volte all’alba,
compare all’interno del libro Mr Gwyn
che ho già recensito (vedi), e lo stesso Baricco dice che una volta terminato
di scrivere quello gli è venuta voglia di rendere reale un racconto immaginario
che originariamente era solo un mezzo narrativo. “Una sorta di continuazione del pensiero di Jasper Gwyn,” dice l’autore, “che può essere capito anche senza aver letto il precedente lavoro.”
Ora, “capito” è una parola
un po’ azzardata, visto che occorre una buona dose di intuito per “capire” i
tre racconti dai quali è costituito questo libretto, tre episodi tutti sullo
sfondo di un albergo, tre incontri notturni che finiscono (proseguiranno?)
all’alba tra personaggi che attendono il sorgere del sole per dare voce alle
loro ansie, ai loro segreti, come se una nuova luce infondesse anche il coraggio
di dare inizio a una nuova vita. Personaggi che sono gli stessi in diverse fasi
delle loro vite, cristallizzati attraverso tre storie sospese nel tempo.
Ma ci vuole un po’, per
capirlo, non è che ci sia tutta questa immediatezza, e i collegamenti restano
sempre sibillini.
Lo stile è proprio
baricchiano, piacevole alla lettura e con quella dose di ricercatezza da
maestro di scrittura creativa con cui sembra che l’autore abbia voluto ricordarti:
vedi, impara, è così che si scrive, mica
bau bau micio micio.
In particolare i dialoghi
sono caratterizzati da un ritmo velocissimo, la cui andatura è ulteriormente
accelerata dall’assenza di virgolette o altri segni interpuntivi a
evidenziarli. Un po’ come usa fare Cormac
McCarthy.
Un’oretta di lettura impegnativa
e anche tutto sommato piacevole ma alla fine, come ho già detto, dopo aver
apprezzato lo stile ed essersi congratulati con se stessi per aver captato
alcuni dei nessi che l’autore ha voluto inserirci, non è che ti resti molto
dentro.
Va be’, in fondo per lui è
stato un divertimento e questo, da scrittore, lo capisco benissimo e sono
contento per lui che si sia divertito, davvero.
Il Lettore
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