Vi trascrivo un pensiero di
Robert Louis Stevenson:
“Chiunque può scrivere un racconto – un cattivo racconto; voglio dire, chiunque abbia sufficiente
diligenza, carta e tempo; ma non tutti possono sperare di scrivere un romanzo, anche cattivo. È la lunghezza
che uccide.»
Oltre al del tutto vero
significato macroscopico, questa frase esprime tra le righe anche il concetto
di come scrivere un buon racconto
sia ancora più difficile dello scrivere un romanzo. Pura verità, perché
scrivere un buon racconto non è
appannaggio di chiunque, a volte neanche dell’autore di un buon romanzo. Magari
del perché ne parlerò in una qualche lezione (semiseria) di scrittura creativa.
Qui aggiungo solamente, per gli esordienti che mi seguono, che la quasi totalità
degli scrittori famosi hanno pubblicato raccolte di racconti solo dopo aver pubblicato i romanzi che li
hanno reso famosi. Quindi non sperate che vi vengano pubblicati quei quattro
raccontini quattro che avete spedito a una casa editrice.
Perché i racconti – anche
quelli buoni – non vendono,
soprattutto se sei uno sconosciuto.
E infatti Gianrico Carofiglio ha fatto uscire
questa raccolta di dieci racconti solo dopo
che diversi suoi romanzi hanno riscosso un notevole successo. Come del resto
hanno fatto Camilleri e altri scrittori famosi che ormai sanno come funzionano
le cose.
A me sono piaciuti quasi tutti, quale più quale meno. La scrittura è
quella solita di Carofiglio, fluida e accattivante, le trame scorrono e fanno
nascere interesse fino alla risoluzione che a volte si esplica con un colpo di
scena e a volte deriva naturalmente dal concatenamento dei fatti. Tra i
racconti ve ne sono di profondi e di più leggeri e tra tutti, a testimoniare la
sua passione per il mondo dei fumetti, spicca quello che più che un racconto è
un divertissement dell’autore sotto
forma di un’intervista a un personaggio improbabile come Tex Willer, che risponde alle domande dell’intervistatore con una
moderata autoironia in ogni caso non scevra delle proprie incrollabili convinzioni.
Diciamo che per me è stata
una lettura soddisfacente, anche se non eccelsa, e se dovessi scegliere i
migliori tra tutti i racconti nominerei quello che dà il titolo alla raccolta, Non esiste saggezza, e quello intitolato Il maestro di bastone.
Un difetto del volume in
generale: i racconti sono pochi e non lunghissimi, e sia la dimensione dei
caratteri che l’impaginazione sono progettati in modo da far sembrare il libro
più lungo per poterne giustificare il prezzo di copertina, il ché fa storcere
il naso e fa subito sorgere alla mente il sentore di una spudorata operazione
commerciale.
Ma che vuoi, ormai lo
sappiamo come vanno le cose.
Il Lettore
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