Buon
Anno a tutti! Che sia
proficuo di letture, ma prestate attenzione a cìò che leggete.
Tra
i regali di Natale di
quest’anno ho trovato ben due libri di racconti. Al momento di scegliere quale
cominciare per primo ho deciso di partire da quello che ho ritenuto fosse una
lettura più leggera: in questi giorni di vacanza, con moglie e figlio tra le
pal… a casa per tutto il giorno, mi è praticamente impossibile trovare la
concentrazione necessaria per leggere (non parliamo poi dello scrivere). Non vedo l’ora che arrivi il sette gennaio.
Ho
rimandato quindi a
periodi più tranquilli la lettura di Murakami e mi sono accinto a gustarmi
quest’ultima fatica di Sellerio la cui pubblicità prometteva un divertimento di
qualità ad opera di alcuni degli scrittori più in voga del momento (avete còlto
la leggera ironia che ho cercato di infondere in questa frase?).
Sei autori famosi, sei racconti
di Natale: non se ne salva uno.
Checché ne dica la
pubblicità.
D’accordo che è periodo di
vacanza, d’accordo che sono stati voluti intenzionalmente leggeri, ma dal
leggero intelligente al marcatamente insipido il passo è breve e nessuno degli
autori interpellati è riuscito a fornire un prodotto che riuscisse ad uscire
dalla seconda categoria. Sarà un’impressione personale, ma a me è sembrato che
in tutti i racconti si senta troppo la costrizione indotta dalla commissione:
“Ehilà, Alicia, còmo estàs? Scrivimi un raccontino giallo con la tua Pedra imperniato
sul Natale, che ne facciamo un business!
Tempo? Quanto ne vuoi, mi basta che sia nella mia posta elettronica per
domattina, grazie! Felìz Navidad!”.
E quando fai così non è che
la qualità ne esca avvantaggiata. Elvira
Sellerio ne sarebbe inorridita.
In questo caso non serve a
nulla decidere quale tra i sei sia il migliore, quanto cercare di salvare il
meno peggio.
Nella mia classifica
personale ho situato all’ultimo posto Bill
James, con una storiella inutilmente logorroica nella quale si perde spesso
il filo, seguito da una bartlettiana Pedra
Delicado ancora più stucchevole del solito, ricca di modi di fare triti e
ritriti in una storiella banale la cui conclusione è facilmente intuibile. A
seguire Francesco Recami e Antonio Manzini, delle cui opere già il
giorno dopo non ricordavo nulla, ad indicazione di quanto ne sia rimasto
colpito, e al secondo posto ho messo Maurizio
de Giovanni, che in una storia di poco meno banale ha perlomeno inserito
dei personaggi interessanti con la sua consueta ammirevole prosa. Il racconto
meno peggio, sempre a parer mio, è quello di Marco Malvaldi, ma solo per la simpatia dei suoi vecchietti e per
l’humour da toscanaccio.
Certe operazioni la
Sellerio se le potrebbe risparmiare: servono solamente a far calare nei lettori
la stima che la casa editrice si è conquistata nel corso degli anni.
Oggi non esagerate con i
cappelletti, mi raccomando!
Il Lettore
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