martedì 14 gennaio 2014

Le colpe dei padri

Tirando le somme, il romanzo di Alessandro Perissinotto mi è piaciuto, ma in un’analisi a posteriori si capisce il perché, pur essendo arrivato secondo con 78 voti nella classifica del Premio Strega 2013, non è riuscito a vincerlo ed è stato surclassato dai 165 voti assegnati a Walter Siti. Tutto ciò ammettendo che i giudizi siano stati equi e non abbiano pesato su di essi politiche commerciali e raccomandazioni (pia illusione…); né d’altra parte ho letto il libro che ha vinto, quindi in questo senso non posso fare paragoni.


Ripeto: mi è anche piaciuto, ma Le colpe dei padri, pur essendo scritto molto bene, pieno di tensione narrativa, con una storia tessuta abilmente e un colpo di scena finale almeno per me inaspettato, a parer mio finisce con lo scadere per eccesso.
Alessandro Perissinotto insegna “Teorie e tecniche delle scritture” all’Università di Torino, e non si tira indietro nell’insistere a volercelo ricordare a tutti i costi. Ciò che mi ha dato fastidio del libro è questo collocarsi ripetutamente in cattedra , nei panni di un narratore onnisciente interno alla storia, sciorinando una sicuramente superba cultura attraverso l’uso reiterato di citazioni, latinismi, descrizioni di fatti storici, conclusioni pedanti che con l’andare appesantiscono la narrazione fin quasi a farle raggiungere la forma di una metascrittura.
Cultura sopra le righe, fine conoscenza delle materie insegnate, dei meccanismi strategici delle grandi imprese, delle lotte sindacali degli ultimi cinquant’anni e della vita sociale di Torino sono ampiamente riversati in un romanzo attraverso una poderosa autoreferenzialità, che finisce col farti sperare ad ogni capitolo che l’autore la pianti di parlarsi addosso.
L’iniziare quasi tutti i capitoli esplicando, quasi in forma di dogma, un concetto che poi verrà suffragato dai fatti narrati, carica non poco la struttura del romanzo insieme allo stile di scrittura contorto, ricco di incisi e di subordinate, e se ciò ti fa apprezzare l’erudizione dell’autore, d’altra parte ti fa desiderare di leggere qualcosa di più fluido e lineare.
Pur apprezzando il finale del libro, una volta terminato, intorno alla mezzanotte di una sera in cui il sonno stentava a venire, dopo averlo posato sul comodino mi sono ingoiato un paio di racconti di Murakami: acqua pura, stilisticamente rinfrescante, sorbetto sgrassante dopo una pietanza troppo complessa.
Il Lettore

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