Quelli di Il mio libro punto it non mi sono mai
piaciuti. Con quel libro aperto sfogliato dal vento che come logo fa tanto colto
ma poi alla resa dei conti basta che paghi e ti pubblicano qualsiasi schifezza.
E i corsi, le cene, le sagre, le lotterie, gli spettacoli teatrali e i concorsi che ne
premiano uno per convincerne cento a pubblicare con loro. Tutto il contrario di
un’editoria di qualità. Che è quella che ora si abbassano pure a prendere in
giro.
Stamattina stavo sfogliando
digitalmente Repubblica.it quando mi
è caduto l’occhio su questo articolo:
Dopo le prime volte che ho letto articoli di Il mio libro punto it,
per curiosità, non per altro, non ho sentito più la necessità di perdere così
il mio tempo, ma dal momento che il come affrontare un editore mi interessa, non ho
potuto fare a meno di cliccare sopra il link. Ho cominciato a leggere e sono inorridito di
fronte ad una simile quantità di scempiaggini.
Ora, a parte che non si
capisce bene verso chi sia indirizzata tutta l’ironia contenuta in quei dieci
punti (le case editrici serie? I loro editor? Gli impiegati che fanno il loro
lavoro? Quelli che si rifiutano di pubblicare una cagata?), mi sembra che i
concetti esposti da questo De Silva non siano neanche meritevoli di un commento
specifico.
Che cosa si può
controbattere a una simile messe di scemenze? Forse che nelle case editrici
serie, quelle per intenderci che non ti chiedono soldi per pubblicarti, la
qualità è ancora tenuta in considerazione? Che è normale che le case editrici
serie abbiano delle linee editoriali e dei programmi da rispettare? Oppure si
potrebbe anche affermare che una casa editrice piccola ma seria non ha
abbastanza fondi per pagarsi una schiera di Valutatori ed è costretta a farti
aspettare, ma anche che è molto difficile rispondere sinceramente ad un autore
guarda, il tuo testo fa proprio schifo, cambia mestiere (che poi sarebbe la
cosa più giusta da fare nel 95% dei casi). Vuoi ironizzare sugli impiegati che
per uno stipendio misero sono costretti a leggere boiate dalla mattina alla
sera sperando di incappare in quella perla che sollevi loro il morale?
Oggigiorno scrivono (e
spediscono agli editori) più porci che cani, e non pensate che io stia
esagerando. Se c’è dell’ironia da fare, allora andrebbe indirizzata verso
questa mania dilagante della logorrea creativa in forma di scrittura, che viene
alimentata proprio da coloro che ne traggono guadagni a scapito di una buona
qualità di lettura.
Se vuoi fornire consigli
per affrontare un editore, non è questo il modo. Ma se vuoi ingraziarti un
presunto scrittore i cui testi siano stati rifiutati da una casa editrice seria
per farlo pubblicare con te a pagamento, allora continua così, sei sulla strada
giusta.
Il Valutatore
Condivido in pieno. Quell'articolo non ha nessun senso, da nessun punto di vista. Pur essendo io dalla parte di chi invia manoscritti (e quindi comprendendo la frustrazione di essere respinti), trovo ridicola l'ironia con cui si parla delle risposte degli editori. Credo che molti aspiranti scrittori prima di affrontare quel passo dovrebbero pensare a migliorare quello che pretendono venga pubblicato.
RispondiEliminaCiao Anima! Mai parole più giuste delle tue! Sono io che condivido te. Dal momento che comunque quello pseudo articolo ha stimolato la mia parte creativa feroce, ho già scritto la mia versione dei consigli per affrontare un editore, che forse pubblicherò domani o nei prossimi giorni. Ciao!
EliminaOttimo, aspetto i tuoi consigli allora! Ciao :)
EliminaDopo ben sei romanzi, mi sono fatto persuaso di appartenere, a giusto titolo, a quella schiera del 95%. Continuerò a scrivere, ma solo perchè mi diverte. In compenso sono entrato a far parte di quella percentuale, che non conosco, di persone che hanno un po' di sale in zucca e non scassano più i cabasisi agli editori.
RispondiEliminaAh! Ah! Ah! Massimo, sei un grande! E pensare che scrivi pure bene...
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