lunedì 16 dicembre 2013

Impero

Questo Viaggio nell’Impero di Roma seguendo una moneta (questo è il sottotitolo) è il primo libro che leggo di Alberto Angela, e devo dire che non ho potuto fare a meno di sorridere tra me e me per tutto il tempo della lettura: avete presente come parla Angela nelle sue trasmissioni televisive? Ecco, leggendo sembra proprio di sentirlo parlare: stesso stile da saccentello simpaticone (tu non sai un tubo ma ora te lo spiego io…), stesso ritmo e stessa intonazione!

E quando salta una riga tra un blocco e l’altro è come se lanciasse uno spot pubblicitario…


Diciamo che, a parte lo stile televisivo da divulgazione spicciola e una sintassi spartana in cui domina l’ordine soggetto–predicato–oggetto, il libro è un interessante excursus nei più vari aspetti della società romana del primo secolo dopo Cristo, quando l’Impero era al suo apogeo. La scusa è il viaggio percorso da un sesterzio che passa di mano in mano dopo essere stato coniato, permettendo all’autore di descrivere (alcune volte più minutamente, altre meno) innumerevoli aspetti del vivere quotidiano dell’epoca.
I frequenti paragoni con la vita odierna sono interessanti, così come del resto quasi tutta le messe di notizie che Angela riporta nel libro citando frequentemente le fonti (scrittori latini, archeologi, antropologi, musei) da cui sono state attinte. Il libro si legge abbastanza bene: dopo una partenza un po’ stentata il desiderio di continuare a leggere mi è cresciuto man mano per la curiosità innescata dalle notizie riportate, più che per il desiderio di vedere che fine avrebbe fatto quel sesterzio; anche se lo stile (se si può chiamare stile…) dopo un po’ annoia:  un conto è ascoltare padre e figlio un’oretta in televisione, un conto leggere un libro di più di cinquecento pagine…
A mio parere il piacere della lettura scade proprio nei punti in cui l’autore tenta di suscitare emozioni nel pubblico di lettori inserendo momenti topici che sanno platealmente di trucco letterario: dalla descrizione di un amplesso focoso tra due amanti alla tragica condizione degli schiavi, ai bambini che muoiono per malattie che all’epoca non si sapeva come curare. Episodi dei quali si spiegano tutti i perché e i percome, ma che sembrano inseriti ad hoc per scuoterci dall’assopimento. Ma in fondo questo aspetto gli si può anche perdonare.
Di sicuro, se lo facessi leggere a mio figlio, sugli antichi romani imparerebbe più da questo libro che dai suoi testi storici di scuola media.
Il Lettore

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