mercoledì 18 dicembre 2013

Il cerchio del lupo

Solo dopo averlo finito di leggere mi sono ricordato la ragione per la quale non compro i thriller di Michael Connelly: è un autore che pur scrivendo benino non mi piace. L’avevo classificato in questo modo molti anni fa e avevo smesso di leggerlo, poi mi hanno prestato questo Il cerchio del lupo (il solito Sergio, sempre per usare uno pseudonimo) e, sia pure rendendomi conto che Connelly non era di mio gradimento ma non ricordandone il perché, l’ho letto, e solo arrivato alla fine mi sono di nuovo reso conto di cosa me lo rende inviso.


Devo dire che in effetti si fa leggere, tant’è vero che sono arrivato in fondo, anche se è il solito thriller con il solito serial killer psicopatico, il solito investigatore (Harry Bosch, protagonista di molti dei romanzi di Connelly, e infatti ne avevo già letto qualcuno con lui protagonista) più sagace degli altri, i soliti personaggi di contorno e la solita ragazza che viene salvata all’ultimo momento. Però la lettura è scorrevole e non presenta quegli intoppi plateali che te lo farebbero piantare lì subito e ti consente di continuare fino a quando ormai è troppo tardi.
Solo quando l’hai chiuso ti rendi conto che il romanzo manca totalmente di credibilità. E scusa se è poco.
Ripensandoci con spirito critico ti accorgi infatti che nessuno dei personaggi aveva la minima ragione plausibile di comportarsi come si è comportato: nella vita reale avrebbero tutti operato scelte diverse da quelle imposte loro dall’autore. Be’, forse non tutti tutti: l’unica coerente e  abbastanza credibile è l’ultima vittima dello psicopatico, che viene rapita, seviziata e salvata in extremis senza che pronunci nemmeno una parola.
E anche questa può essere considerata bravura: se ti accorgi solo alla fine che la trama non sta né in cielo né in terra, allora ciò vuol dire che l’autore è stato bravo non permettendoti di scoprire subito il suo bluff. Ma col cavolo che rileggerò un altro romanzo di Connelly, neanche se me lo prestano.
Il Lettore

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