mercoledì 30 ottobre 2013

Stoner

Se un libro appena pubblicato conquista subito la vetta delle classifiche dei bestsellers, ciò significa che è firmato Camilleri o Malvaldi o Brown eccetera, oppure che gli è stata imbastita sopra una massiccia campagna pubblicitaria, o che l’autore è transitato da Fazio. Dell’effettiva qualità di questi fenomeni editoriali poi si può discutere a lungo e non di rado se ne può legittimamente dubitare.

Ma quando un libro (pubblicato nel 1965!) oggi si arrampica faticosamente lungo la classifica partendo dalle ultime posizioni, 87… 82…, per risalire pian piano, 76…, settimana dopo settimana, 71… 65…, posto dopo posto, 55… 48…, in un lungo lasso di tempo, 41… 34…, un po’ quel che è successo alla biografia di Andrè Agassi, 32…, anche senza arrivarne mai in cima, 24… 21…, allora ciò vuol dire che è in atto un vero passaparola, che richiede tempo, un reale tamtam, non quegli autoincensamenti che troppo spesso si leggono sulle fascette pubblicitarie (ci avete fatto caso che per lo più sono gialle?) che avvolgono i volumi.


Ecco: Stoner fa parte della seconda categoria. Ovvero: come trasformare una mediocre normalità in un capolavoro.
Ho seguito l’ascesa di questo romanzo di John Edward Williams per alcuni mesi, prima di decidermi ad acquistarlo, leggendone anche alcune recensioni sul web e rimanendone incuriosito per la qualità che ne emergeva pur ammettendo, tutti i recensori, che nella trama non accade nulla di particolarmente esaltante. E di fatto il libro non è altro che il racconto della vita mediocre di tale William Stoner, professore di letteratura presso l’Università del Missouri, la biografia romanzata di un alter ego dell’autore, la biografia di una vita “normale”, ma che proprio in quanto tale, e grazie alla maestrìa dello scrittore, raccoglie in sé le storie di una smisurata quantità di persone “normali”, insieme a tutti i loro drammi e i loro tormenti interiori a volte mai espressi.
È vero, nel romanzo non succede nulla, se si eccettuano gli accadimenti “normali” di una vita: nascita, formazione, amore, matrimonio, morte. Ma l’abilità dell’autore fa sì che questi fatti siano inseriti come veri e propri colpi di scena, siano mostrati con una tecnica superiore che richiama alla mente Faulkner e Steinbeck (dei quali peraltro Williams è coevo), lasciando libero il lettore di trarne qualsiasi considerazione egli voglia.
Un romanzo semplice ma poliedrico, che proprio perché mostra, e non dice, permette al lettore di esplorare l’introspezione psicologica del protagonista senza che l’autore ne suggerisca la direzione, e rimane quindi aperto ad una quantità variegata di interpretazioni al punto che lettori diversi possono trarne insegnamenti diversi. L’autore non dice mai che un personaggio è “cattivo”, ma la malignità emerge prepotente dal suo comportamento.
Aveva una figura dritta e snella e occupava lo spazio con discrezione.
Una semplicità scritta con una delicatezza assoluta: come non rimanere incantati dalle immagini che appaiono al lettore quando un personaggio è descritto in questo modo? Quel “con discrezione” apre una serie infinita di angolazioni, e ognuno può trovarci quella che secondo lui è l’essenza della persona descritta.
Vi riporto un passo della postfazione di Peter Cameron, che riesce a descrivere meglio di me le sensazioni che ti assalgono quando affronti questo libro:
“A oggi ho letto Stoner tre volte e non sono del tutto certo di averne colto il segreto… La prima volta che l’ho letto sono rimasto sbalordito dalla qualità della scrittura, dalla sua pacatezza e sensibilità, dalla sua implacabile chiarezza abbinata a un tocco quanto mai delicato… La seconda volta che l’ho letto sono stato contento di ritrovare il romanzo immutato… Ora che l’ho riletto per la terza volta mi pare che quest’ultima sia stata la più emozionante e significativa.”
Un libro che di sicuro anch’io rileggerò ancora.
Il Lettore

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