giovedì 22 marzo 2018

L’archivista


Volevo accertare se il fatto che non avessi apprezzato Tempo da elfi fosse dipeso dalla scrittura di Francesco Guccini o da quella di Loriano Macchiavelli, e allo scopo ho chiesto al mio editor di scaricare qualche romanzo in cui il secondo fosse l’unico autore. Così mi è capitato sul lettore questo L’archivista, che per il momento mi ha consentito di appurare che come scrive Loriano Macchiavelli, perlomeno da solo, non mi piace proprio.
Se il contributo di Guccini in Tempo da Elfi  doveva servire a migliorare la situazione, allora siamo messi proprio male.






In questo L’archivista ho notato diverse di quelle che per me non sono altro che pecche stilistiche che non mi hanno proprio fatto apprezzare il romanzo. Ma proprio per niente, è strano anche che l’abbia terminato. Anche se devo confessare che qualche pagina l’ho saltata. Leggendolo la sera a letto, più di una volta mi sono addormentato crollando col viso sul lettore e scorrendo involontariamente le pagine in avanti. La sera dopo ho continuato a leggere da dove mi trovavo, accorgendomi che non era lo stesso punto di quando mi ero addormentato, ma non sentendo comunque la mancanza di ciò che mi ero perso.
Il protagonista all’inizio sembra essere il personaggio più famoso di Macchiavelli, il poliziotto Antonio Sarti, ma poi si scopre che in realtà il vero protagonista è un altro agente di polizia, Ugo Poli, confinato ad un lavoro di ufficio e che per puro tedio si diletta a tentare di scoprire le verità sui casi irrisolti dai suoi colleghi.
Poli è antipatico, pieno di rancori e di cattiveria e affetto da una zoppia che non gli permette delle mansioni più attive. E già questo non ti permette di proseguire con piacere.
Il fatto del nominare a ripetizione i personaggi con cognome-nome è molto fastidioso, Sarti Antonio, Sarti Antonio, Sarti Antoni eccetera, così come il passare in continuazione dall’azione (!) alle riflessioni del protagonista (o di qualcun altro) senza specificare chi è che sta agendo o riflettendo, e non sempre si capisce chi è a farlo, non contribuisce a renderlo più godibile, così come il riportare qualche interrogatorio facendo finta che sia tale e quale come è stato scritto nei verbali ufficiali.
Vi sono anche molte palesi intromissioni autoriali anch’esse molto fastidiose, con l’autore del romanzo che spesso si rivolge al protagonista (ma quando mai!) e rendono la lettura momentaneamente incomprensibile.
Inoltre la trama è squallida, nel senso che non sa di nulla ed è pure descritta in modo da farti scordare tutto appena l’hai letto.
Tentativo deludente. Ne dovrei avere un altro paio di Macchiavelli nel lettore ma la voglia di scavare più a fondo me l’ha fatta passare lui stesso, Mi è rimasto da approfondire su Guccini da solo. Provvederò, ma non ora, perché sto terminando un altro romanzo di autore famosissimo che mi sta deludendo non poco anche lui e sono depresso anche per questo.
Periodi sfortunati.
Il Lettore
Lettore, Macchiavelli



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