Un’altra lettura non andata a buon fine, ma attenzione! Questa volta non per colpa
del romanzo, né dell’autrice, né di nessun altro. Non c’è alcuna colpa né alcun
demerito. Il romanzo merita, dicono,
e potrei essere perfettamente d’accordo, se solo avessi avuto il fegato di
terminarne la lettura.
Qualcuno ha definito questo
libro “un pugno nello stomaco”, e
dal momento che a me che la boxe piace, il pugno ho cercato di scansarlo, piuttosto che incassarlo.
Tra l’altro di Karin Slaughter avevo già parlato bene qui e questo libro in particolare mi
era già stato descritto da chi me lo ha consigliato come impossibile da
lasciare una volta iniziato, ma dopo poche decine di pagine, una volta entrato
nel pieno della vicenda, ho deciso che l’impossibilità era perfettamente superabile
e l’ho abbandonato. Questa volta anche un pochino a malincuore, devo dire, ma
chi me lo fa fare di soffrire? La lettura deve essere un piacere, se invece ti
causa sofferenza per quale ragione uno dovrebbe proseguire?
Il problema è stato nei
contenuti: di una crudezza al di
sopra delle mie forze. Alle protagoniste ne succedono di tutti i colori, gli
esseri più abietti e crudeli di questo mondo li incontrano tutti loro in uno
specchio molto realistico della malsana società odierna, con reazioni e
comportamenti di quelli che uno si augura di non incapparci mai nella vita
propria e di quelli che si hanno intorno.
Il tutto descritto benissimo,
anche troppo, da fartici calare dentro e soffrirne
insieme ai personaggi del libro, e a un certo punto questo soffrirne ha avuto
la meglio: ci ho pensato per bene e ho deciso che non faceva per me, sono
tornato all’home page del lettore e
ho cercato un altro titolo.
Ripeto: il romanzo merita, la
Slaughter scrive molto bene e a qualcuno di voi piacerà sicuramente, ma io ho
dato forfait.
Il Lettore
Nessun commento:
Posta un commento