Decima puntata della serie del commissario
cilentino, dal sottotitolo con un doppio (e ingannevole) significato: Sipario per il commissario Ricciardi.
Un sottotitolo più adeguato forse sarebbe potuto
essere: dal momento che editore e pubblico mi assillano in continuazione perché
vogliono sapere uno come fare più quattrini due come proseguono le storie di
tutti i coprotagonisti allora facciamo questo sforzo e accontentiamoli, fa
niente se sono costretto a scopiazzare
me stesso, tanto venderà uguale.
Ma forse sarebbe stato troppo
lungo.
Non posso dire che il romanzo
in fondo non mi sia piaciuto perché non sarebbe vero, certo è che questo Rondini d’inverno, pur soddisfacendo l’aspettativa
della buona scrittura e del dare seguito a vicende che avevano incuriosito, mi
ha deluso abbastanza per l’insistenza di Maurizio
De Giovanni nel copiare se stesso ammorbando di nuovo la vicenda con la melensaggine reiterata di tutte quelle
canzoni napoletane che francamente hanno proprio rotto i cogl i
cosiddetti.
Come già mi ero premurato di
far notare nella recensione a Serenata
senza nome (vedi qui), di tutta questa emotività piena zeppa di retorica e
napoletanità ne posso fare benissimo a meno, e anzi, quando uno ci insiste
sopra mi infastidisce proprio.
Vabbè, detto questo, il
romanzo alla fine è piacevole come quelli che l’hanno preceduto, dalla trama non eclatante ma nemmeno da
buttare via, e nuovi tasselli si aggiungono a caratterizzare le storie dei
singoli personaggi. Il brigadiere Maione
aiuta il dottor Modo a risolvere la
vicenda tragica che corre parallela a quella principale, e in una Napoli
invernale assediata dalla nebbia Ricciardi
ed Enrica combattono ognuno a modo
suo per tentare di consolidare un rapporto che deve affrontare molti problemi
fin sul nascere. De Giovanni non dimentica nemmeno di completare lo
sfaccettamento di Nelide, Livia e Bianca, le altre donne che compaiono intorno a Ricciardi.
L’amore e la gelosia la fanno
da padroni anche in questo romanzo, e anche il teatro (si parlava di scopiazzature?), visto che il caso giallo su cui Ricciardi indaga consiste
in un omicidio avvenuto sulle tavole di un palcoscenico.
Caso giallo che si tinge anche di rosso
quando alla fine qualcuno spara
proprio al commissario (ecco spiegato il secondo significato del sottotitolo). La
saga sarà giunta al termine? Non sarò io a rivelarvelo, leggetelo.
Incidentalmente nel romanzo
si può osservare un esempio letterario dell’effetto Dunning-Kruger al quale ho accennato qualche giorno fa: De
Giovanni fa vedere che il brigadiere
Maione al volante dell’auto di
servizio è un vero e proprio pericolo pubblico, ma allo stesso tempo il
graduato è straconvinto di essere un pilota esperto e bravissimo. Come volevasi
dimostrare.
Il Lettore
Nessun commento:
Posta un commento