sabato 19 agosto 2017

Rondini d’inverno

Decima puntata della serie del commissario cilentino, dal sottotitolo con un doppio (e ingannevole) significato: Sipario per il commissario Ricciardi.
Un sottotitolo più adeguato forse sarebbe potuto essere: dal momento che editore e pubblico mi assillano in continuazione perché vogliono sapere uno come fare più quattrini due come proseguono le storie di tutti i coprotagonisti allora facciamo questo sforzo e accontentiamoli, fa niente se sono costretto a scopiazzare me stesso, tanto venderà uguale.
Ma forse sarebbe stato troppo lungo.




Non posso dire che il romanzo in fondo non mi sia piaciuto perché non sarebbe vero, certo è che questo Rondini d’inverno, pur soddisfacendo l’aspettativa della buona scrittura e del dare seguito a vicende che avevano incuriosito, mi ha deluso abbastanza per l’insistenza di Maurizio De Giovanni nel copiare se stesso ammorbando di nuovo la vicenda con la melensaggine reiterata di tutte quelle canzoni napoletane che francamente hanno proprio rotto i cogl i cosiddetti.
Come già mi ero premurato di far notare nella recensione a Serenata senza nome (vedi qui), di tutta questa emotività piena zeppa di retorica e napoletanità ne posso fare benissimo a meno, e anzi, quando uno ci insiste sopra mi infastidisce proprio.
Vabbè, detto questo, il romanzo alla fine è piacevole come quelli che l’hanno preceduto, dalla trama non eclatante ma nemmeno da buttare via, e nuovi tasselli si aggiungono a caratterizzare le storie dei singoli personaggi. Il brigadiere Maione aiuta il dottor Modo a risolvere la vicenda tragica che corre parallela a quella principale, e in una Napoli invernale assediata dalla nebbia Ricciardi ed Enrica combattono ognuno a modo suo per tentare di consolidare un rapporto che deve affrontare molti problemi fin sul nascere. De Giovanni non dimentica nemmeno di completare lo sfaccettamento di Nelide, Livia e Bianca, le altre donne che compaiono intorno a Ricciardi.
L’amore e la gelosia la fanno da padroni anche in questo romanzo, e anche il teatro (si parlava di scopiazzature?), visto che il caso giallo su cui Ricciardi indaga consiste in un omicidio avvenuto sulle tavole di un palcoscenico. Caso giallo che si tinge anche di rosso quando alla fine qualcuno spara proprio al commissario (ecco spiegato il secondo significato del sottotitolo). La saga sarà giunta al termine? Non sarò io a rivelarvelo, leggetelo.
Incidentalmente nel romanzo si può osservare un esempio letterario dell’effetto Dunning-Kruger al quale ho accennato qualche giorno fa: De Giovanni fa vedere che il brigadiere Maione al volante dell’auto di servizio è un vero e proprio pericolo pubblico, ma allo stesso tempo il graduato è straconvinto di essere un pilota esperto e bravissimo. Come volevasi dimostrare.
Il Lettore

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