venerdì 10 febbraio 2017

Il marchio del diavolo

Quando uno imbrocca un filone che gli porta un mucchio di soldi è un po’ difficile che poi se ne distacchi, e infatti con questo suo quarto romanzo Glenn Cooper conferma di essere un buon amministratore di se stesso infarcendolo delle tematiche che gli hanno fatto guadagnare quel che sta bene con i primi tre libri.




E così vediamo tirate in ballo profezie catastrofiche da fine del mondo, scoperte archeologiche destabilizzanti, l’utilità e il compito delle religioni, sette segrete che intendono distruggere la chiesa cattolica, complotti tesi a indirizzare a proprio vantaggio l’elezione di un nuovo Pontefice, codici segreti da decifrare e scopi nascosti dietro la realizzazione di famose opere d’arte.
Il tutto spalmato su duemila anni di storia, con l’intervento straordinario di personaggi (nel ruolo di se stessi) realmente esistiti quali Nerone con la sua cerchia di accoliti, San Pietro in procinto di diventare martire, Christopher Marlowe e il suo Faust, e anche William Shakespeare ottiene una piccola particina sia pure da semplice comparsa di quelle che non dicono nemmeno una battuta.
A  differenza però dell’ultimo romanzo di Cooper che ho recensito (L’ultimo giorno, NdF) perlomeno in questo l’autore al termine tira le fila della narrazione e non lo lascia del tutto sconclusionato, concedendo al lettore un poco di soddisfazione e di chiarezza. Ma restano l’esagerazione e la voglia di far colpo.
I fatti narrati saltano con agilità dall’antica Roma al Medioevo, dal Rinascimento ai giorni odierni, alternandosi ad ogni capitolo in una lettura leggera ma ben costruita e con una prosa semplice e accattivante. Come ho già detto in altre occasioni, Cooper sa scrivere, e anche stavolta ha confezionato un prodotto che consente una lettura veloce e alla fine anche abbastanza soddisfacente. A parte le esagerazioni, la scarsa plausibilità e i colpi di scena abbastanza scontati, ma con una dose decente di thriller.
E poi ci sono i Lemuri, questa setta di uomini (?) con la coda ―anche questa una scontata allegoria del male ― incapaci di provare sentimenti, intelligentissimi e organizzatissimi, ma che alla fine si lasciano infinocchiare come babbani in un libro di Harry Potter. Bah.
Il Lettore 

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