Ci sono ricascato. Donato Carrisi è un altro degli autori
che avevo giurato di leggere solo nel caso avessi avuto uno dei suoi romanzi
come unica cosa da leggere in
un’isola deserta, e invece anche questo faceva parte di uno stock di prestiti e alla fine ho dovuto leggerlo. E tenete conto che se
sull’isola non fossi stato solo
avrei anche accondisceso a fare una chiacchierata (breve) con qualcuno, pur di rimandare
il più possibile il momento di cominciare a sfogliarlo.
Il perché? Se volete gustarvi
le altre stroncature che gli ho già
inflitto cliccate sul nome “Carrisi” nella colonna qui a fianco. Auguri.
In questo Il cacciatore del buio il nostro dà
prova della sua fantasia inesauribile riprendendo gli stessi protagonisti dei romanzi precedenti. Così non sto a perdere
tempo per caratterizzarli dall’inizio, eccheccazzo.
Per il resto, solita solfa: l’esagerazione la fa da padrone,
perché il modo in cui l’assassino uccide deve essere sufficientemente
terrificante da poter terrorizzare il lettore. Quindi: donne torturate, suore
squartate, ragazzi costretti a uccidere le proprie fidanzate, poliziotti che
non cavano un ragno dal buco eccetera.
E poi anche qui le solute sette segrete con inenarrabili scopi
nascosti e i soliti protagonisti che hanno intuizioni
fulminanti, cadute dal cielo e sempre infallibili, sono preveggenti e dotati
del dono dell’ubiquità perché sono sempre presenti nel posto giusto al momento
giusto. Non se ne può più.
Parentesi. A tratti, forse
perché troppo preso dall’elaborazione di cose con cui stupire il lettore, l’autore
fa anche sfoggio della sua ignoranza dell’italiano spargendo congiuntivi e
tempi verbali alla come viene viene:
ho notato un “dovesse” al posto di “avrebbe dovuto” e altre quisquilie e
pinzillacchere. Chiusa parentesi.
L’altro giorno mi è capitato
di ascoltare per la prima volta (e unica,
spero) la canzone vincitrice di Sanremo 2017. Vi ho riscontrato un importante parallelo con questo romanzo.
Il concetto di fondo è lo
stesso: un’immane cagata, ma dal
momento che vendono sembra che alla fine abbiano ragione loro.
La prossima volta che mi
troverò su un’isola deserta con solamente un libro di Carrisi come unica cosa
da leggere penso che lo userò come tagliere
per preparare il soffritto.
Il Lettore
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