lunedì 10 ottobre 2016

Incontri con l’autore

Adorabile come sempre, sabato pomeriggio il mio editor mi ha costretto invitato ad accompagnarla ad assistere a un incontro con uno scrittore famoso che doveva aver luogo in un paesino sperduto della Valnerina.
Cosa vuoi che siano, settanta o ottanta chilometri?”, mi ha detto per convincermi. Nel suo candore, lei non tiene mai nella minima considerazione il tempo necessario per i tragitti ― le sembra sempre di avere a disposizione il teletrasporto di Star Trek ―, le condizioni della strada e quelle del tempo.
Dopo esserci sciroppati un’ora e mezzo di curve e controcurve sotto una pioggia battente siamo arrivati in questo posticino incantevole, non fosse stato per l’acqua, paesino arroccato su un monte con annesso castello del tutto ristrutturato, con gusto, una volta tanto, che la conferenza era già iniziata. Ci siamo accomodati insieme alle altre ventotto persone già sedute e ci siamo messi ad ascoltare lo scrittore che da solo, tra pareti affrescate nel punto in cui all’epoca doveva essere ubicato l’altare dell’antica cappella del castello, stava già parlando di sé.
Trenta persone. Ho subito pensato che fossero veramente poche per un autore della levatura di colui che avevamo di fronte.
Sì, perché quello seduto al posto dell’altare non era proprio come si suol dire l’ultimo arrivato.
Non era un qualsiasi vincitore di uno Strega né un professorone pompato né uno di quelli che vanno artatamente di moda, ma uno dei due scrittori italiani che oggi vendono di più in assoluto, meritatamente, uno dei due italiani che scrivono nel modo più piacevole. Colui che avevo di fronte era uno degli scrittori che apprezzo maggiormente, di cui attendo con apprensione ogni nuova pubblicazione e che finora non mi ha mai deluso, e che nel tempo è quasi diventato un tormentone di questo blog.
Nonostante sia napoletano.
Avete indovinato, stavo ascoltando, di pirsona pirsonalmente come direbbe l’altro dei due, proprio il creatore del Commissario Ricciardi: Maurizio De Giovanni.




Che poi mi sono chiesto come un artista del suo calibro possa essere capitato a parlare in quel posto sperduto di fronte a una platea così risicata, che sembrava di essere alla presentazione di uno dei miei libri, ma va be’.
Siamo arrivati proprio nel momento in cui De Giovanni aveva cominciato a narrare qual è stato il suo percorso per arrivare a essere uno scrittore famoso: un racconto che vince un concorso; la telefonata di un agente letterario che gli propone la pubblicazione di uno dei romanzi che lui sicuramente avrà già avuto nel cassetto; l’esaurimento immediato di tutta la prima tiratura de Il senso del dolore; le telefonate di altre case editrici e produttori cinematografici per assicurarsi i diritti degli “altri” romanzi sicuramente contenuti nel cassetto; il ciclo delle stagioni, il ciclo di Pizzofalcone e così via.
Il tutto raccontato in modo molto simpatico e cordiale. Come lui stesso ci ha detto, il fatto era che oltre a quel primo racconto De Giovanni nel cassetto non aveva proprio nulla, nessun altro racconto, tantomeno romanzi, e di conseguenza quel primo libro che gli avevano promesso di pubblicare se lo è dovuto scrivere da zero in fretta e furia. A detta sua non è stato difficile, del resto doveva solo ampliare quel primo racconto, e dopo aver “bluffato” spudoratamente con chi glielo richiedeva ci ha messo meno di un mese per scriverlo e offrirgli un prodotto finito. Che poi ha avuto il successo che ha avuto. Da bancario a scrittore di successo: voilà!
Che sia stato così facile lasciatemene dubitare un pochino. Così come sul fatto che scrivere sia così facile come poi ci ha detto. Per esserci passato, mica per altro. Una verità assoluta invece è venuta fuori quando ha ammesso di essersi messo a scrivere solo dopo essere stato per anni un lettore “professionista”, confermando così il dogma che per poter scrivere bisogna prima saper leggere.
Ma in quel momento il racconto è stato piacevole e ci poteva anche stare, e lo scrittore ha saputo rendere l’incontro molto naturale e spontaneo, non lesinando sulle battute spiritose, sul dialetto e sugli aneddoti di vita vissuta, da quelli che ha già riportato in alcuni libri alla gente che lo ferma per strada e lo accusa brutalmente di trattare male alcuni suoi personaggi, alle persone anziane che lo spronano a far pubblicare al più presto una nuova avventura di Ricciardi per potersela gustare prima che la morte le colga.
E in modo simpatico ha anche risposto alle domande del pubblico sulla psicologia dei suoi personaggi comprese quelle di coloro, e ce ne sono sempre, che amano più sentir blaterare se stessi che ascoltare il protagonista dell’incontro, e quelle dei tifosi di calcio che di suo hanno letto solo Il resto della settimana.
Un paio d’ore passate in modo piacevole con una persona interessante. E di questo devo ringraziare il mio editor per avere insistito a partecipare. Nonostante la napoletanità. Tra le altre cose De Giovanni ha tenuto a specificare come una città unica come Napoli, dove a distanza di un metro trovi a convivere realtà del tutto differenti tra loro, sia una fonte inesauribile di spunti per qualsiasi scrittore. Posso anche crederci, ma questo non cambia di una virgola la mia opinione.
Alla fine sono stato anche tentato di andare a stringergli la mano e complimentarmi con lui ma, avendolo visto attorniato dai presenti e non essendo affetto da ansia di protagonismo, ho pensato bene di risparmiargli ulteriori banalità e ci siamo apprestati ad affrontare un’altra ora e mezzo di curve e pioggia. 
Teletrasporto: magari!
Lo Scrittore

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