Dopo la lettura di Nessun testimone, che a detta di molti
è il miglior romanzo di Elizabeth George
e finora concordo, sono stato un po’ titubante a riprenderne in mano un altro,
ma quando ce l’hai a disposizione, per di più gratis, come fai a dire di no? Va
be’, sarà un po’ inferiore a quello, e allora? Proviamo comunque, se non mi
dovesse piacere pace, buonanotte al secchio e ai suonatori.
Ma quando ho cominciato
questo La donna che vestiva di rosso,
e ho scoperto che è il seguito diretto di Nessun
testimone, con un Thomas Lynley
che vaga per le scogliere della Cornovaglia come un vagabondo ― in puro stile Forrest Gump in versione maratoneta ―
nel tentativo di scacciare il dolore provocato dalla tragedia personale che gli
è accaduta nel romanzo precedente, lo stile della George mi ha preso subito, di
nuovo, e non sono stato soddisfatto finché non l’ho finito, anche stavolta
quasi 600 pagine dopo l’inizio.
Il sovrintendente sconvolto ha addirittura deciso di lasciare Scotland Yard e non sa più cosa fare
della propria vita, ma tanto bene nel corso del suo vagabondaggio da straccione
si imbatte in un corpo alla base di una falesia. L’uomo sembra precipitato
mentre si stava arrampicando ma ben presto, quando ancora lo stesso Lynley
figura come persona sospetta perché sembra un barbone e non ha documenti con sé,
fin dalle prime indagini emerge che si tratta di omicidio, e l’investigatore si trova quindi coinvolto suo malgrado
in un caso per la polizia dello sperduto paesino della Cornovaglia. Il suo background professionale ne sarà
risvegliato fino a partecipare attivamente alle indagini, e il tutto lo
stimolerà a provare a dare un nuovo senso alla propria vita.
Bel romanzo, anche se un po’
lento perché la George mette in pista una marea
di personaggi di ognuno dei quali indugia a scavare nei trascorsi e nelle motivazioni psicologiche del loro
comportamento. E se i più giovani hanno poco passato da tirare fuori, per i più
anziani la cosa si fa complicata, perché verranno dissepolti fantasmi di decenni prima che
serviranno a dare un senso a un’indagine ingarbugliata prima di poterne trovare
la soluzione.
Il passare continuo da una scena all’altra, da un personaggio
all’altro, rallenta enormemente lo svolgimento e ti fa venire un po’ di impazienza perché vorresti ritrovare
subito il filo dell’investigazione, ma d’altra parte consente una magnifica caratterizzazione di ogni singolo
ruolo fino a sviscerare la psicologia di ogni protagonista e permetterti di
ricordarli nel tempo.
Mi trovo quindi a concordare
con coloro che hanno reputato questo romanzo troppo lento, ma non per questo mi
sento di attribuirgli una valutazione inferiore all’ottimo. E mi fanno veramente ridere
quelli che affermano di aver individuato il colpevole già solo dopo cento
pagine: questo sarebbe possibile solo tirando
a caso tra i numerosi sospettati (così facendo qualcuno ci azzecca
senz’altro), e la George è talmente brava da fornire moventi e opportunità a tutte le numerose persone tirate in
ballo e non permettere quindi che si appuntino i sospetti solo sui maggiori
indiziati.
Adesso ne ho anche un altro
della George da leggere, ma per ora lasciamo perdere e passiamo a tutt’altro:
da un giallo a un saggio, sempre di un’autrice donna,
famosissima a livello mondiale e che mi ha incuriosito da sempre, altrimenti a
leggere di fila troppi romanzi dello stesso autore prima o poi ci si stufa.
Pagina uno…
Il Lettore
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