Una mattina di qualche giorno
fa mi sono trovato ad aspettare una
persona più a lungo del necessario, e dal momento che non mi ero portato dietro
il Pulitzer del quale da qualche giorno ho cominciato la lettura (e che per gli
altri libri sopraggiunti nel frattempo non riesco a terminare), sprofondato
comodo nel sedile della macchina mi sono messo a spulciare nel telefono cosa vi potesse essere di
buono per farmi ingannare l’attesa. Ho dato una scorsa all’inizio dei libri di
tre o quattro autori senza esserne conquistato, poi ho aperto questo e ho
proseguito la lettura per una cinquantina
di pagine prima che la persona arrivasse.
I ritardatari li odio.
Però oramai il romanzo mi
aveva preso e la curiosità ha fatto
sì che ne proseguissi la lettura anche in seguito fino a terminarlo. Io non le
capisco proprio le persone che si annoiano. Io non mi annoio mai. Nei momenti
in cui non ho nulla di altro da fare leggo,
e negli altri rari momenti in cui non ho voglia di leggere ho sempre qualcosa
da fare, così se usi questo sistema è impossibile che ti assalga la noia. Chiusa
parentesi.
La produzione di Andrea Camilleri può essere divisa in due grandi blocchi: i gialli con
protagonista Salvo Montalbano e
tutto il resto nel quale Montalbano non c’è. E se personalmente preferisco i
primi, devo però ammettere che il più bel romanzo che a mio parere Camilleri ha
scritto, La mossa del cavallo, fa
parte del secondo gruppo, così come altri molto meritevoli, insieme a diverse
altre cose che meritevoli non sono e che sono state mandate in stampa solo per
fare cassetta.
Anche il romanzo di oggi vede
l’assenza del Salvo nazionale, e in
una mia personalissima scala di valori da uno a dieci sulla sua bontà, a
differenza di altre recensioni che ho stilato su Camilleri, stavolta mi sento
di attribuirgli un passabile sette.
Lo spunto: una donna scompare nel nulla, e la storia
della sua ricerca è dipinta solamente tramite dialoghi tra le persone
interessate alla sparizione (marito, amica, domestica, amanti, ex-amanti, commissario
di polizia e altri), articoli di giornale o lettere, stralci di opere teatrali
famose, senza descrizioni dei personaggi o contestualizzazioni di luoghi e
atmosfere, ricalcando tecniche e schemi ai quali Camilleri ci aveva già
abituato in libri come La concessione
del telefono.
Il titolo del romanzo è preso
dall’episodio evangelico dell’incontro di Maria
Maddalena con Gesù Cristo
risorto, prendendo spunto dai quadri in cui la scena è stata rappresentata e in
particolare quelli del Beato Angelico
(al convento di San Marco a Firenze) e di Tiziano
(alla National Gallery di Londra),
sui quali la donna scomparsa ha realizzato la sua tesi di laurea, la quale
costituisce un motivo importante della sua evoluzione psicologica.
Viene fuori tutto il lato più
interiore di una donna che nel libro
appare pochissimo e solo tramite il resoconto fattone da altri, dapprima
apparendo come una bellissima zoccola,
poi pian piano cambiando registro man mano che lo scrittore ne rivela gli
aspetti nascosti e motivazionali, fino a far apparire il suo comportamento perfettamente
coerente con le pulsioni più intime
e da sempre tenute nascoste.
Stavolta Camilleri ha
messo in opera una piece teatrale piacevole
da leggere e che suscita da subito nel lettore quella curiosità necessaria a
proseguire la lettura, in un italiano correttissimo con la sola concessione al
dialetto (romanesco) ad opera di un personaggio secondario. I dubbi sulla
sparizione della donna alla fine vengono risolti con spiegazioni
psicologicamente plausibili, e alla fine di quelle poco più di due ore che ci
si mette per leggerlo ci si ritrova con una sensazione positiva.
Mentre scrivo questo post mi vengono in mente metafore carine e parallelismi azzeccatissimi con situazioni già famose e personaggi
reali (un esempio fra tanti John Lennon
e Maharishi Mahesh Yogi), che però
devo abbandonare quasi del tutto perché vi rivelerebbero troppo sulla trama e
sui colpi di scena che si succedono nel romanzo. E solo mia è la colpa del
fatto che ogni volta che sento nominare il tragico Cocktail Party di T.S. Eliot,
immancabilmente mi viene in mente lo spassosissimo Hollywood Party con Peter
Sellers, ma questo con il libro di Camilleri non c’entra proprio nulla.
O no?
Il Lettore
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