lunedì 27 aprile 2015

Jazz

Vi ho già resi edotti del fatto che la musica che ascolto di più è ancora oggi la progressive degli anni ’70, in particolare Genesis e Pink Floyd (sì, sarò arretrato, e allora? Trovatemi qualcosa di meglio, se ci riuscite). Di solito non mi viene in mente altro di più piacevole da ascoltare. Ma a volte cambio genere, e in funzione dello stato d’animo dominante al momento mi piace ascoltare Beethoven, Mozart, molto Bach e anche Ciaikovskij, Vivaldi e Ravel.
E molto Jazz.




Ma non siamo qui per discutere i miei gusti musicali che peraltro sono ben inquadrati e pressoché inamovibili. Una sola divagazione poi chiudo. Dell’arcigno Miles Davis che vediamo nella splendida foto di Aaron Rapoport sulla copertina di questo Jazz ascolto spesso i dischi dei primi anni ’60: Birth of the Cool, Sketches of Spain e soprattutto il celeberrimo Kind of Blue, ma non mi è mai riuscito di capirne le numerose evoluzioni successive, a partire da quel Bitches Brew che costituisce la consacrazione della fusion. Ci avrò provato venti volte, ma non riesco proprio ad apprezzarlo. Un po’ come per la musica che purtroppo oggi va per la maggiore (e la stessa cosa mi succede per I promessi sposi). Ed è così anche per altri grandi mostri del Jazz: mi piacciono molte cose di Jarrett ma non tutte, lo stesso per Monk, lo stesso per Parker, lo stesso per Coltrane, Baker, Metheny, Corea, Evans e così via. Ritengo che sia una cosa normale. Chiusa parentesi.
Il primo libro che ho comperato per erudirmi quando mi sono avvicinato a questa corrente musicale è stato questo di Arrigo Polillo, che ancora oggi costituisce un’ineguagliata Bibbia della materia oltre che la più completa trattazione jazzistica in lingua italiana. Ancora più sensazionale se si pensa che l’autore non aveva alcun tipo di formazione musicale.
Arrigo Polillo è stato un giornalista famoso in tutto il mondo per i suoi articoli e libri sulla materia, direttore di testate specializzate, organizzatore di spettacoli e di festival, e in questo tomo di oltre 900 pagine (tutte lette) ripercorre tutta la storia del Jazz dagli albori fino al momento della sua morte alla fine del secolo scorso, analizzandone le varie correnti che si sono succedute insieme ai protagonisti che hanno reso famosa questa musica straordinaria. Oltre a ciò, in una specie di Jazz for dummies, Polillo inserisce numerosi capitoli monografici in cui parla di volta in volta di tutti i più grandi esecutori mondiali di questa civiltà musicale, tracciandone le biografie, le tecniche, il modo di pensare e riportando anche curiosi aneddoti insieme alla discografia necessaria per comprendere quel determinato autore e concertista.
È chiaro che tutto ciò può anche essere superfluo per uno che vuole solo ascoltare della buona musica (mi sono goduto da matti un intero concerto di Cecil Taylor ignorando completamente all’epoca chi fosse quello gnomo nero con i calzini verdi e arancioni che pestava del tutto rapito, emettendo gridolini estatici, la tastiera del suo pianoforte), ma come in molti altri campi, a partire dalla pittura,  penso che possedere la consapevolezza di ciò che si sta facendo sia un aiuto fondamentale per capirne l’essenza. Puoi benissimo restare estasiato ascoltando il Köln Concert nella penombra di un pomeriggio di pioggia ricordando la prima volta che hai visto dal vivo un giovanissimo Keith Jarrett sul palco di Umbria jazz senza sapere chi poi sarebbe diventato (’71? ’72? Con baffi e capelli cespugliosi), ma capirai meglio lo struggimento del sassofono di Charlie Parker, o della voce di Chet Baker,  se ne conosci la tragedia, il progressivo sprofondare nell’abisso, così come capirai meglio il cubismo di Picasso se già ne conosci la sublime capacità di rappresentare il realismo.
Per chiunque voglia andare oltre il mero ascoltare della buona musica, ma che desideri anche conoscerne l’inquadramento storico e sociale e il percorso che un artista ha seguito per produrre quelle note in quel determinato modo, questo Jazz è un libro assolutamente fondamentale. Provate a mettere sul piatto un vecchio vinile di Billie Holiday e sulle prime note cominciate a leggere il capitolo che la riguarda: apprezzerete molto di più entrambi in un’empatia sorprendente.
Il Lettore musicologo

Nessun commento:

Posta un commento