Avrebbe anche potuto
rappresentare una buona iniziativa, le premesse c’erano tutte: l’aprire il
pubblico americano alle tematiche di Dante
Alighieri, sfruttare l’onda montante dei romanzi storici, l’intreccio fra
letteratura e thriller, i primi
tentativi di una parificazione razziale, una buona dose di mistero e qualche
omicidio che ci sta sempre bene.
Ma non tutti si chiamano Umberto Eco.
E in effetti questo autore
qui, che si chiama Matthew Pearl, ci
ha provato: ha preso una situazione storica reale – gli Stati Uniti subito dopo
la guerra di secessione – ha messo insieme un gruppo di letterati realmente
esistiti nella colta Boston
dell’epoca e li ha incaricati di tradurre la Commedia in inglese osteggiati dal resto del gotha universitario; quindi ha cominciato ad ammazzarli – a farli
ammazzare – con criteri che richiamano le bolge dantesche, ha messo un
poliziotto di colore ad indagare e ha pasticciato un po’ fino alla risoluzione
del dilemma e alla scoperta dell’assassino.
Ma – dicevo – l’autore non
si chiama Umberto Eco, non si chiama John Grisham e nemmeno Roberto Benigni, e sebbene abbia anche
dimostrato una buona conoscenza della materia
da cui ha preso spunto, come risultato dei suoi sforzi non è venuto
fuori altro che un polpettone
noiosissimo che ho terminato a fatica e dopo cinque minuti è caduto nel
dimenticatoio.
Esistono libri che, pur non
sapendone individuare una ragione precisa, sono talmente noiosi e
insignificanti che non si reggono. A volte basta un’inezia, una parola sbagliata,
un periodo costruito meno che bene, per trasformare un buon libro in un libro
illeggibile; altre volte la resa formale può ingannare ed è nel significato del
testo che bisogna ricercare le ragioni di una mancanza. Altre volte ancora
l’autore non riesce ad inserire quegli spunti che rendono i personaggi
interessanti e la vicenda eccitante. Se vogliamo restare nell’ambito dei
romanzi storici, di Gary Jennings e
di Ken Follett, tanto per citarne un
paio, ne esistono pochi. Ogni tanto un editore pompa con la pubblicità una
giovane promessa, come in questo caso, ma il più delle volte l’assenza di
spessore viene subito alla luce.
Va be’, dimentichiamolo.
Ma a proposito del venire
alla luce, tanto per restare in tema dantesco vi diletterò con la quartina
terminale del Purgatorio, la meno
conosciuta tra le finali di cantica e anche quella che mi si confà meglio, dal
momento che io non sono talmente maligno da meritarmi l’inferno né abbastanza
buono da poter finire in paradiso:
Io
ritornai da la santissima onda
rifatto
sì come piante novelle
rinovellate
di novella fronda,
puro
e disposto a salire a le stelle.
Puri e disposti magari lo
saremo anche, ma ce lo meriteremo?
Il Lettore
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