venerdì 19 dicembre 2014

Fermo

Penso che ne esistano pochi, di maschietti della mia età e anche più giovani, che non abbiano provato un senso di profonda inutilità per l’anno che abbiamo trascorso sotto le armi. Per tutti quelli che ci sono passati sarebbe stato meglio aver fatto qualcos’altro, qualsiasi altra cosa sarebbe stata più costruttiva. In realtà, anche quell’anno infruttuoso passato al servizio dello stato ci ha fornito delle esperienze che inconsciamente ci sono servite nella costruzione della nostra vita successiva.


Anche quanto appena detto potrebbe essere uno spicchio della morale che intende comunicarci Sualzo con la sua graphic novel. Anche se il suo protagonista sceglie di rifiutare la naia e opta per il servizio civile, quell’anno di costrizione, all’inizio visto come una inutile coercizione, viene utilizzato dal protagonista, più o meno consciamente, per crescere e maturare mettendo in discussione molte delle convinzioni che aveva prima di partire per Bibbiena.
Fermo non è un racconto d’azione, chi cerca roboanti battaglie e coloratissime splash pages qui non le troverà; direi più un romanzo di formazione: un ragazzo che utilizza quell’anno che dapprima reputa perso per indagare dentro se stesso e cercare delle risposte a delle domande che, chi più chi meno, tutti ci si pone a quell’età. Ed ecco che attraverso esperienze per lui nuove la sua coscienza si matura e riesce a risolvere, sia pure parzialmente, i dubbi che lo angosciano.


Sualzo, al secolo Antonio Vincenti, è un illustratore e fumettista umbro che si è fatto conoscere prima in Francia (dove la cultura del fumetto è di parecchi gradini superiore alla nostra…) e quindi in casa. Sia questo Fermo, che il precedente L’improvvisatore, sono graphic novels che l’autore ha costruito sulla base delle sue esperienze personali e in entrambe le quali si può riconoscere un lungo lavoro di riflessione e preparazione.

Dal punto di vista grafico il tratto del disegno è la cosiddetta linea chiara, in una rappresentazione situata a metà tra l’iconico e il realistico, con colori pastello e tonalità tenui. Si direbbe un disegno ingenuo, poco più che infantile, ma perfettamente adatto alla resa dei sentimenti che Sualzo intende trasmettere. Come sceneggiatore di se stesso ha anche saputo dosare i diversi punti di ripresa delle inquadrature per costruire una gabbia variata, cosa di per sé difficile quando l’autore intende spalmare i pensieri dei protagonisti – racchiusi in dida il cui colore stacca sempre dal fondo del riquadro in maniera netta – su parecchie vignette.
In definitiva un vero e proprio romanzo “fumettato”, in cui testi e disegni si integrano fornendo ciascuno la propria dose di argomentazioni allo scopo di costruire un concetto complessivo. Un bel racconto, che si legge con interesse e che porta a riflettere.
Anche per noi che il militare, purtroppo, ce lo siamo sciroppato.
Il Lettore

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