lunedì 10 novembre 2014

Vacanze matte

Sempre restando in tema di ripescaggi (ancora sono a pagina 600 del crostone…), voglio proporre a chi non la conosca una lettura veramente meritevole: carina, simpatica, con quel pizzico di datato che la fa scivolare tra i classici e uno stile di scrittura da vero professionista.

Uno dei romanzi più divertenti che io abbia mai letto.


Richard Pitt Powell è stato un giornalista statunitense che negli anni quaranta si è dedicato alla narrativa, e dopo aver pubblicato un bestseller come L’uomo di Filadelfia ha scritto questo Vacanze matte dal quale è stato tratto il film Lo sceriffo scalzo con protagonista Elvis Presley.
La traduzione italiana del titolo originale del libro – Pioneer, go home! – non è che sia molto felice, in quanto il titolo americano rende meglio lo spirito che anima tutto il romanzo, quel self - american way of life (il self è mio) che è tanto caro alla popolazione statunitense (ora lasciamo perdere per un momento il problema che questo modo americano di vita ha causato innumerevoli disastri; non parliamo di politica internazionale, che il lettore…). Resta il fatto che ho letto questo libro per la prima volta che non avevo ancora vent’anni, e in seguito l’ho riletto altre due o tre volte trovandoci ogni volta di che divertirmi.
Il plot è la storia di una famiglia un po’ particolare che decide di stabilirsi in una residenza di fortuna ed è osteggiata da delinquenti e autorità locali (che capolavoro di sinossi, eh?), raccontata in prima persona da Toby Kwimper, un diciottenne che appare come una via di mezzo tra Forrest Gump e il Lil’ Abner di Al Capp. Powell è bravissimo nel calarsi nei pensieri del ragazzo e nel rimanere sempre fedele al suo punto di vista che è quello di un animo puro e leggermente ritardato, ingenuo quanto basta da far sospettare che alla fine ci marci ben bene. Ma con finezza, però.
Quella dei Kwimper si tramuta ben presto in una lotta sociale in cui i “cattivi” sono di volta in volta rappresentati da delinquenti molto caricaturizzati (che alla fine le buscano) e politici e burocrati del posto (che alla fine se ne escono scornati), ma quando sembra che questa combattiva famiglia abbia vinto con la purezza tutte le sue battaglie, ecco la nota amara del vincitore che si tramuta in perdente (e mi viene in mente Il vecchio e il mare) perché per ottenere del tutto il proprio scopo i protagonisti sono costretti ad integrarsi in quella società di regole alle quali si erano sempre rifiutati di sottostare in nome della libertà sancita dalla costituzione americana.
Una splendida e amara chiosa finale, che rimane a fungere da morale a un romanzo divertentissimo nel quale ci si trova spesso a ridere di fronte a situazioni semplicissime, un umorismo quasi da comiche, ma definito con una classe superiore.  
Il Lettore 

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