Ovvero: il potere della
superstizione. Quando anche un giornalista esperto e navigato come Tiziano Terzani si lascia influenzare
dagli oracoli, allora viene da pensarci due volte a passare sotto una scala.
Poi magari ci passi sotto lo stesso, ma pensare ci pensi. I gatti neri no, mai,
mi piacciono troppo anche solamente per pensare di evitarli, a parte il fatto
che dal momento che ne ho uno in casa dovrei cambiare strada trenta volte al
giorno.
Non c’è gusto a recensire
questo Un indovino mi disse. Primo
perché lo conoscono tutti, come tutti conoscono Terzani, secondo perché è
scritto troppo bene, da un vero professionista come lui era. Punto. Non è che
ci sia molto d’altro da dire. A quei pochi che non l’avessero mai sentito
nominare dirò solo: leggetelo.
Ma come post sarebbe troppo breve, e allora
spiegherò anche che il plot del libro
nasce da un allarmante responso fornito a Terzani da un indovino cinese, il
quale lo avvertì che il 1993 sarebbe stato un anno per lui infausto, nel quale avrebbe rischiato di morire, e in particolare
lo esortò a evitare i viaggi aerei.
Capirete, togliere l’aereo a un giornalista internazionale è come costringere
Pistorius a correre la finale dei 100 senza protesi (ammesso che in galera
abbiano una pista per l’atletica).
Ma Terzani accoglie il
consiglio e lo trasforma in una sfida:
riesce a convincere i suoi datori di lavoro (a quel tempo era corrispondente di
Der Spiegel) a lasciarlo viaggiare
solo in nave e in treno, e si lancia in una scorribanda attraverso tutta l’Asia
toccando Laos, Birmania, Thailandia, Cina e altri stati e su fino alla Mongolia
e alla Russia da poco smembrata, stendendo nel frattempo una serie di reportage che in seguito sarebbero
diventati questo libro. È finalmente l’occasione che Terzani aveva atteso per
scrivere non solo di personaggi famosi come doveva fare per lavoro, ma della
gente comune, dell’uomo di strada, degli usi e delle abitudini di paesi così
lontani dal nostro pensiero di civiltà. Nel suo stile semplice ma coinvolgente
Terzani parla di tradizioni, di rapidi cambiamenti, con un tocco di ironia e un
occhio di riguardo ad ascoltare i pensieri di maghi, santoni, chiromanti e
sciamani. Chissà, forse sperava che potessero annullare la “sentenza” del
cinese? E cosa sarebbe successo se avesse ignorato l’avvertimento non si saprà
mai, fatto sta che lo scrittore è morto undici anni dopo quel fatidico 1993.
Un perfetto libro di
viaggio, e devo ammettere che tra tutti quelli che ho letto dell’autore
fiorentino questo è senz’altro il migliore.
Il Lettore
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