Ben ritrovati a tutti! In
questi cinque giorni di vacanza (più due di viaggio di cui ben 28 ore
complessive di traghetto…) ho letto quattro
romanzi, un libro di memorie e
una raccolta di situazioni che
avrebbero voluto essere umoristiche e in qualche caso sono anche riuscite a
strapparmi un sorrisetto. Sei libri in sette giorni, bella media. Cosa c’è di
meglio di un buon libro per farti passare in modo più sopportabile il tedio del
traghetto e la noia della spiaggia? Nei prossimi giorni vi darò resoconto di
tutto.
Cominciamo con questo L’ultimo re, di Bernard Cornwell, un romanzo storico ambientato nel nono secolo
dopo Cristo in un Inghilterra che ancora non aveva questo nome, fatta oggetto
di conquista dai temuti e leggendari vichinghi.
Non conoscevo Bernard Cornwell, e quando me ne hanno
parlato bene mi si è innescata subito la curiosità di approfondire: ho scoperto
così che è un prolifico e apprezzato autore di romanzi storici, dei quali in
giro per la rete si trovano recensioni unanimemente entusiastiche. In effetti
questo L’ultimo re, che è il primo
volume della serie che racconta la cronaca dei re sassoni, è un romanzo scritto
bene e piacevole da leggere, il cui maggior pregio secondo me è la coerenza:
Cornwell ti conduce in un mondo di 1200 anni fa con competenza e rigore
storico, senza mai incorrere in castronerie che manderebbero all’aria il patto
di sospensione dell’incredulità. Per fare un paragone azzardato, non vi sono
orologi al polso della comparsa nella parte del centurione in un film su Giulio Cesare.
Adottando il pretesto di
raccontare il tramutarsi in uomo di un nobile adolescente, Cornwell descrive
nel dettaglio la situazione storica
di una terra senza ancora quell’unità che la contraddistinguerà in futuro, e
nella quale si succedono invasori che ne vorrebbero fare la propria residenza
permanente. Dal panorama storico ai particolari delle armi, del cibo, del
vestiario e delle abitudini, l’autore dipinge un mondo in un momento di
cambiamenti epocali, un mondo fatto di piccole enclavi separate all’indomani
dell’abbandono di quelle terre da parte dei romani che vi avevano imperato per
secoli, di piccoli staterelli separati il cui suolo fertile faceva gola a
popoli senza una terra produttiva né un clima adeguato a poterla coltivare. Oggi sappiamo già che i danesi, i cosiddetti
“vichinghi”, non riuscirono a conquistare la Gran Bretagna, e questa serie di
libri ci aiuta a capirne il perché.
Il libro è scritto con brio
e con mestiere: attraverso le avventure del protagonista, molto spesso condite
di sangue, lotte, battaglie, tradimenti, riscatti e apoteosi finale, Cornwell
riesce benissimo ad affrescare un momento storico fornendo diverse ore di
piacevole ed istruttiva lettura, seguendo la scia di altri autori che si sono
cimentati con successo nello stesso genere: al momento mi vengono in mente il Ken Follett de I pilastri della terra, o per restare in casa nostra il Valerio Massimo Manfredi de L’ultima legione.
L’unica cosa che non ho
capito è la seguente: perché intitolarlo L’ultimo
re quando il romanzo tratteggia le gesta del primo re riconosciuto
della futura Inghilterra? La risposta è insita nell’ignoranza dei responsabili
delle case editrici (in questo caso Longanesi per la prima edizione italiana e
TEA per le successive): il titolo originale del romanzo è The last Kingdom, che tradotto letteralmente sarebbe L’ultimo regno. In questa veste un
senso si potrebbe anche trovare, individuando quell’ultimo regno nella forma di governo di uno degli staterelli inglesi
più potenti al tempo dell’invasione danese, ma chi ha deciso il titolo
dell’edizione italiana ha dimostrato così di non aver nemmeno letto il romanzo.
In che mani…
Il Lettore
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