Di questo Joseph Smith ne hanno parlato come la
scoperta di un nuovo talento, come un emulo del Sam Savage di Firmino
(che peraltro non è che mi sia piaciuto un gran ché), e di questo libro come
l’evento letterario dell’anno (2008), alla stessa stregua di Memorie di un ratto (che invece mi è
piaciuto molto – vedi).
Tutte balle.
A cominciare dal titolo,
pessimo ad onta della traduzione letterale dall’inglese, questo romanzetto non
è riuscito a prendermi sebbene io abbia sempre avuto una vera passione per i lupi. È proprio per quest’ultimo motivo
che l’avevo comperato, nonostante il mio sesto
senso letterario mi stesse ordinando lascia
stare! posalo! rimettilo a posto! non ti piacerà!
Quella volta non gli diedi retta, ma dentro di me
sapevo che doveva esserci qualcosa di strano e così parcheggiai il volumetto
sul mio scaffale libri da leggere – a proposito, ve lo avevo mai
confessato che tale scaffale è situato nella libreria del mio bagno? – e
lasciai passare mesi prima di riprenderlo in mano. Ogni tanto ne guardavo la
costa, allungavo il braccio e… il mio sesto
senso letterario mi imponeva di prendere in mano un altro titolo. Sono
passati anni, fino a che mi sono deciso – no!
devo assolutamente leggerlo! … va be’, fa un po’ come ti pare, ma non dire poi
che non ti avevo avvisato… – l’ho tirato via a forza dalla mensola e ho
cominciato la lettura.
Fin dalle prime battute ho
pensato che se quel giorno avessi dato retta a me stesso non avrei fatto nulla
di male. Continuando a darmi del cretino sono andato avanti soffrendo per
qualche decina di pagine, fino a ché non gliel’ho fatta proprio più – te l’avevo detto! – e ritenendo che al
punto in cui ero ormai non potesse più avere alcuna possibilità di riscatto
l’ho chiuso definitivamente trasferendolo dallo scaffale del bagno allo
scaffale dei libri letti da catalogare (che più regolarmente si trova nella
libreria della sala e si distingue dagli altri scaffali perché i libri non
catalogati vi sono riposti in orizzontale).
Il romanzo è narrato in
prima persona dall’animale stesso che tenta, ma non ci riesce, di farti vedere
le cose come le vede lui. Il topaccio di Memorie
di un ratto riusciva a farti calare all’interno del suo personaggio, in
tutta la sua crudezza, ma questo lupo non riesce affatto a farti immedesimare
in lui e ne resti sempre distaccato, anzi, dirò di più, non ti riesce proprio di provare alcun
sentimento nei confronti di un protagonista troppo antropomorfizzato. Se
leggendo Memorie di un ratto provi
del ribrezzo, leggendo Zanna bianca
provi apprensione, e leggendo Il
richiamo della foresta provi solidarietà, leggendo Il lupo provi solo una noia fastidiosa che ti spinge di continuo a
buttarlo dalla finestra.
I critici, come al solito, sono andati a ricercarvi dentro un “lucido
e impietoso ritratto del genere umano”, ma a me sembra un concetto tirato
proprio per i capelli che sa tanto di frase fatta tirata fuori per la
pubblicità.
Va be’, è andata, mea
culpa.
e
dammi retta, la prossima volta!
Il Lettore deluso
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