Ho ripreso in mano questo esilarante romanzo di qualche anno fa
quando un amico mi ha chiesto di prestargli qualcosa da leggere, e già solo nel
toccarlo mi veniva da ridere.
Donald
Edwin Edmund Westlake è
considerato uno dei grandi “giallisti” della letteratura statunitense, e ciò
che lo ha caratterizzato maggiormente è stata l’introduzione nel genere giallo
di una vena umoristica di quelle consistenti. Ha vinto un numero impressionante
di premi ed è famoso anche sotto diversi altri pseudonimi, i più famosi dei
quali sono Richard Stark e Tucker Coe, con i quali ha dato alle
stampe trame poliziesche dal carattere più hard
boiled e noir. Dai suoi circa 100 romanzi sono stati tratti almeno 15 film,
i più noti dei quali sono Senza un attimo
di tregua con Lee Marvin, Two much, sul set del quale si
conobbero Melanie Griffith e Antonio Banderas, Paiback con Mel Gibson e
perfino quell’italianissimo Come ti
rapisco il pupo con Walter Chiari,
Smaila e Boldi.
Westlake imparò a scrivere
nel corso degli anni ’50 lavorando come lettore
di manoscritti per un’agenzia letteraria (lo dicevo io che leggere porcate
è il miglior modo per imparare a scrivere bene…), e quando arrivò a diventare
famoso si dedicò al genere che più gli si confaceva come carattere: il giallo
condito di humour. Westlake si accorse che descrivendo personaggi in pericolo,
se le loro azioni avessero fatto ridere, la minaccia incombente sarebbe
diventata più reale. Oltre a divertire il lettore.
Un
buco nell’acqua fa parte
della serie di romanzi che ha come protagonisti la banda degli Ineffabili Cinque: un gruppo di
rapinatori situati a metà tra il professionista e lo scalcagnato, capitanati da
quel John Archibald Dortmunder che
costituisce l’archetipo del delinquente “onesto” e sostanzialmente sfortunato.
Dortmunder è circondato da complici ognuno dei quali è esperto in una branca
del crimine, e ognuno dei quali è contraddistinto da aspetti caratteriali che
lo rendono unico e particolare, sui quali non di rado si fonda la comicità
dell’autore. Nel romanzo Dortmunder e i suoi accoliti sono incaricati, o per
meglio dire costretti, di cercare di recuperare una consistente somma di denaro
finita non vi dico come nientedimeno che sul fondo di un lago artificiale, e le
ipotesi e le teorie sul recupero di questa, nonché i numerosi tentativi
compiuti per riportarla fuori, sono tra i brani più comici che io abbia mai
letto.
Come questo: Stan è
l’esperto pilota della banda, Doug una persona che gli sta antipatica e che
parla troppo, e si stanno recando in auto da qualche parte. Tanto per cambiare
Doug sta blaterando.
“«Hai
mai visto un tre-sessanta?» lo interruppe Stan. Doug scrutò il profilo
inespressivo di Stan.
«Un
che?»
«Un
tre-sessanta.»
«Non
so che cos’è» ammise Doug, con uno sfarfallìo di panico che gli frullava di
nuovo nello stomaco.
«No?»
Stan annuì. «Te lo faccio vedere» esclamò, e all’improvviso piantò il piede
sull’acceleratore, e il furgoncino sfrecciò oltre la Cadillac con il
contrassegno dei medici, raggiunse un tratto di strada senza macchine, con
traffico davanti e di dietro, ma
non là, e poi Stan girò il volante a
sinistra, lo strappò verso destra,
simultaneamente fece qualcosa di veloce e di strano con il freno, la cloche e
l’acceleratore, e il furgoncino girò su se stesso in mezzo alla strada – continuando
a procedere a cento chilometri l’ora verso New York – rimise di nuovo il muso verso sud, tremò per un attimo e proseguì.
Doug
non respirava. Aveva la bocca aperta, ma non respirava. Aveva visto un completo
arco del mondo esterno sfrecciare davanti al parabrezza – l’erbosa striscia
centrale, la strada dietro di loro con la Cadillac da una parte, la foresta
accanto alla strada, e poi di nuovo la strada vera e propria – tutto in meno di un secondo; troppo veloce
per essere preso dal panico durante la manovra, e così Doug stava andando a
pezzi dopo.
Stan,
il guidatore, senza parlare rallentò il furgoncino per far passare la Cadillac.
Andy, al volante dell’altra macchina, rise e agitò la mano verso Stan, che fece
un dignitoso cenno con la testa. E Doug ancora non aveva respirato.
Finalmente
lo fece, una lunga, roca immissione d’aria che provocò dolore giù fino in
fondo. E Stan si decise a parlare: «Quello era un tre-sessanta» disse.
«Rivolgimi ancora la parola, e ti faccio vedere qualche altra cosetta che so
fare.»
Doug
rimase muto per tutto il tragitto fino in città.”
Avete notato come Westlake
rende le emozioni di Doug attraverso le azioni? Non ti dice che cosa Doug
prova, ti fa vedere l’effetto di ciò che gli succede.
Se qualcuno cercasse una
lettura leggera e piacevole, ma scritta davvero bene, provi a cercare qualcosa
di Westlake.
Il Lettore
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