Non vorrei rischiare di passare
per il solito porco gretto e maschilista, così come non vorrei attirarmi
addosso le ire di femministe inferocite, di conseguenza mi limiterò nei
commenti sul contenuto morale di
questo saggio. Anzi, vi dirò di più, leggendo questo libro mi è capitato molte
volte di provare ribrezzo nei confronti degli appartenenti ad un certo universo
maschile.
Lo stesso sottotitolo: Il rito del “pedaggio sessuale” nella
storia di Hollywood lascia intendere, attraverso l’utilizzo della parola
“pedaggio”, come le pratiche cui erano (e sono?) costrette le aspiranti attrici
non fossero nella maggior parte dei casi una loro libera scelta ma assumessero
piuttosto l’aspetto di una squallida imposizione ricattatoria, a volte tanto
tragica da aver perfino fornito la spinta al suicidio.
D’altra parte Selwyn Ford, che in realtà non esiste
perché questo nome non è altro che lo pseudonimo dietro cui si celano Alan Selwyn e Derek Ford, produttori e sceneggiatori, ha scritto un’analisi
impietosa di Hollywood dagli albori fino quasi ai giorni nostri, che si legge
molto bene e soddisfa quel morboso lato gossippiano
(perdonatemi l’orrido neologismo) nascosto in ciascuno di noi.
Soprattutto gli amanti del
cinema proveranno, leggendo questo libro, la soddisfazione di scoprire
un’infinità di risvolti nascosti nelle vite della miriade di personaggi che
hanno costituito il gotha mondiale
del cinema a partire dai primi anni del Novecento: da Theda Bara a Louise Brooks
e via via ripercorrendo gli anni d’oro con Charlie
Chaplin, Gary Cooper, Joan Crawford, Jean Harlow, Bette Davis,
Vivien Leigh fino a Cecil B. De Mille, Greta Garbo, Howard Hughes,
Jane Russell e tantissimi altri,
fino a quella Marilyn Monroe che
fornisce l’esempio tragico di una vita di donna calpestata fino a essere
spezzata, e alla quale è riferito questo brano tratto dal libro:
“Ben
Lyon, direttore del cast alla Twentieth Century-Fox, che aveva visto
qualche sua fotografia, la invitò a un colloquio. Lei gli diede delle risposte
cariche di doubles entendres, ansiosa
di mostrargli che conosceva le regole del gioco. A Ben Lyon, cui si riconosceva
il merito di aver scoperto Jean Harlow (già pagine indietro dipinta come
un’esperta nell’uso della bocca, NdL),
parve di ritrovare molti dei suoi pregi in Marilyn. La munì di lettera di
presentazione e la mandò a fare un giro di visite ai funzionari della Twentieth
Century-Fox. Marilyn, tutta emozionata, entrava sorridendo negli uffici di quei
signori e consegnava la lettera di
presentazione, chiusa nella busta. Ma ogni volta si stupiva perché, dopo averla
letta e averle rivolto qualche domanda superficiale, facessero tutti la stessa
cosa: si alzavano e si giravano dall’altro lato della scrivania con i pantaloni
sbottonati. Passarono settimane prima che si rendesse conto che la lettera
diceva: «Questa ragazza sa far di tutto. È brava negli scritti, ma soprattutto
nell’orale.»”
Ogni commento è superfluo.
Il Lettore
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