mercoledì 25 settembre 2013

Il tribunale delle anime

Neanche a farlo apposta, poco tempo dopo aver letto Il suggeritore mi è stato prestato - di sicuro io non l’avrei mai comperato - quest’altro lavoro di Donato Carrisi, pubblicizzato come una conferma delle doti romanzesche dell’autore dopo il successo dell’esordio.

Be’, la conferma c’è stata veramente. A quello che avevo già scritto.


In questo secondo thriller Carrisi prosegue con l’inverosimile, pigiando al massimo l’acceleratore sulla ricerca di continui colpi di scena per stupire il lettore, colpi di scena che quando diventano troppi non riescono a ottenere altro che annoiarti. In più ho trovato il libro sconclusionato, confusionario, zeppo di salti temporali caotici e in fondo noioso quando invece cerca di sorprenderti.
Anche in questo caso, come nel precedente, le azioni dei protagonisti mancano di motivazioni valide e quello che sembra essere il dono dell’ubiquità di cui è dotato uno dei personaggi principali, visto che è sempre presente nel posto giusto al momento giusto, fa veramente sorridere.
Come tematica, quella dei “Penitenzieri” sarebbe anche stata interessante – mi ha ricordato un poco la setta degli “Illuminati” di Dan Brown – come intriganti sarebbero potute essere le visite nelle buie chiese di Roma – ancora una volta mi hanno fatto venire in mente “Angeli e demoni” di Dan Brown – o i rapporti con tele dipinte da artisti famosi – toh, come nel “Codice da Vinci” di Dan Brown – e le risoluzioni degli enigmi in cui si imbatte continuamente il protagonista – ora  ho rammentato come li risolveva il Robert Langdon di Dan Brown – solo che in questo caso gli enigmi sono risolti più per improvvisa illuminazione divina che per ragionamento deduttivo.
In fondo il libro mi è parso veramente modesto sia per stile che per contenuti, e anche questo conferma la mia convinzione di sospettare sempre della pubblicità tessuta intorno ad un titolo, che il più delle volte si rivela come una pura operazione commerciale per un prodotto oltretutto scadente, tesa solamente a prendere per i fondelli un popolo di lettori che non se lo merita proprio.
Il Lettore

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