giovedì 12 settembre 2013

Contrappunto del tabacco e dello zucchero

Una delle cose che adoro fare quando sono in casa altrui è esaminarne le librerie.
Non mi interessano le Poltrone Frau né il televisore da 98 pollici né il modernissimo robot installato in cucina né tantomeno l’angolo attrezzato a sauna e palestra ipertecnologica. Ma le librerie sì. Anche le scrivanie, devo dire, e i secretaire e le sobrie ribaltine in legno con i cassetti colmi di strumenti per lo scrivere, ma questa può essere considerata un’estensione dell’interesse primigenio.

Contemplando i titoli presenti nelle librerie degli altri può capitare che prendi in mano un volume che ti ha colpito, e quando questo succede nell’invidiabile biblioteca di un amico, e quando l’amico ti si avvicina e ti dice piano: “Ah, quello! È veramente carino…”, ecco, quelle semplici parole ti scatenano dentro un irresistibile desiderio di leggere quel libro, e non puoi assolutamente fare a meno di chiederglielo in prestito (prima o poi dovrò scrivere un post sui libri in prestito, è un argomento da sviluppare).


Il saggio di Fernando Ortiz che mi aveva incuriosito è stato pubblicato nella collana Il Ramo d’Oro di Rizzoli Editore, in uno di quei formati minuscoli veramente tascabili, sia pure con rilegatura a filo, copertina rigida e sovracoperta che lo etichettano come un’edizione di lusso. Uno di quei libri che già il tenerlo in mano e lo sfogliarlo ti procurano un piacere di quelli che solo chi lo prova può comprenderlo.
Fernando Ortiz è stato un antropologo cubano di fama planetaria e nel 1955 è stato anche candidato al Premio Nobel per la Pace. Sulla base delle sue profonde conoscenze in campo etnologico e musicale ha scritto questo saggio alla fine degli anni ’30 conferendogli un aspetto da partitura bachiana: una disputa, un litigio, una diatriba, uno scambio di opinioni, una controversia tra due poli opposti come aveva già fatto il reverendo Juan Ruiz nella sua Lite che ebbe Don Carnevale con Donna Quaresima.
Il Contrappunto del tabacco e dello zucchero evidenzia, come dice lo stesso Ortiz, “i sorprendenti contrasti che abbiamo còlto fra i due prodotti agricoli fondamentali della storia economica di Cuba”.
Un saggio ma anche un mirabile esempio di letteratura, un esercizio di prosa che sconfina spesso nella poesia: per descrivere i pregi di questo libricino in modo molto migliore di quanto io possa permettermi ve ne riporto direttamente un brano di quelli da far rimanere del tutto affascinati.  Anche se è un po’ lungo, vedrete che poi mi ringrazierete per averlo trascritto:
 “La canna da zucchero e il tabacco sono un totale contrasto. Si direbbe che una costante rivalità li anima e li separa fin dalla culla. La prima è una graminacea, il secondo una solanacea. L’una spunta dal germoglio, l’altro dal seme: quella da grandi pezzi di fusto con nodi che mettono radici, questo da minuscoli semi che germinano. La prima ha la sua ricchezza nel fusto, e non nelle foglie che si buttano via; il secondo nelle sue foglie, e non nel gambo che si disdegna. La canna da zucchero vive nel campo per molti anni, il cespo di tabacco solo per brevi mesi. Quella  cerca il sole, questo l’ombra: giorno e notte, sole e luna. Quella ama la pioggia caduta dal cielo, questo l’ardore emanante dalla terra. Dal tallo della canna si ricava il succo per il profitto, dalle foglie di tabacco si elimina il succo perché guasta. Lo zucchero perviene al suo scopo umano grazie all’acqua che lo stempera riducendolo a sciroppo, il tabacco ci arriva grazie al fuoco che lo volatilizza convertendolo in fumo. Bianco è il primo, bruno il secondo; dolce e senza odore lo zucchero, amaro e aromatico il tabacco. Sempre contrasto! Alimento e veleno, ridestare e assopire, energia e fantasticheria, piacere della carne e diletto dello spirito, sensualità ed escogitazione, appetito che si soddisfa e illusione che sfuma, calorie di vita e spirali di fantasia, indistinzione volgaruccia e anonima fin dalla culla e individualità aristocratica e di marca in tutto il mondo, medicina e magia, realtà e inganno, virtù e vizio. Lo zucchero è femminile, è lei, il tabacco è lui… La canna fu un dono degli dèi, il tabacco dei demoni; la canna è figlia di Apollo, il tabacco un parto di Proserpina…”
Bello, vero?
E nel proseguire del battibecco continuo, quasi un dialogo socratico, Ortiz trasforma i due protagonisti nei personaggi principali della storia di Cuba dando modo loro di spiegare passato e presente della società latino-americana, di operare un’analisi del patrimonio indigeno di conoscenze e di identificarsi nell’essenza cubana stessa.
Una vera e propria “chicca”, di quelle che una volta lette vorresti non doverle restituire al legittimo proprietario…
Il Lettore

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