lunedì 2 settembre 2013

Il mostro, anatomia di un’indagine

Al momento, Michele Giuttari passa il suo tempo tra lo scrivere libri e le comparsate televisive, ma dal 1995 al 2003 ha ricoperto il ruolo di capo della Squadra Mobile di Firenze e ciò gli ha permesso di riportare le sue personali esperienze investigative in questo Il mostro, anatomia di un’indagine, nel quale ricostruisce gli itinerari percorsi da polizia e magistratura nella vicenda dei sedici omicidi attribuiti al “mostro di Firenze”.


Il libro non è un romanzo ma la cronaca, presuppongo veritiera, delle ricerche condotte  dagli inquirenti per giungere alla ricostruzione di che cosa è veramente successo nelle campagne intorno a Firenze tra il 1974 e il 1985. Non è un romanzo e non si legge nemmeno come un romanzo, a causa del lessico e dello stile da poliziotto, e mi auguro che per gli altri suoi romanzi “veri”, che non ho letto, Giuttari abbia utilizzato un linguaggio più consono e scorrevole. E comunque il tono, soprattutto nelle ultime pagine, è quello dell’autore che ha voluto togliersi diversi sassolini dalle scarpe.
Non mi sono mai lasciato irretire dal fascino pompato dall’eco mediatico dei delitti che fanno scalpore, anzi, ho sempre odiato l’abitudine dei quotidiani locali e non di inserire nelle locandine, per fare cassetta, reiterati titoloni altisonanti anche quando non avevano nulla di nuovo da dire sulla tragedia del momento, e di conseguenza ho letto il libro in maniera non condizionata dalle numerose voci di corridoio e dagli infiniti richiami giornalistici.
Quello che ne è emerso è un panorama desolante sia della vicenda in sé che dei meccanismi che ne hanno permesso, ma solo in parte, la ricostruzione.
Nel suo libro Giuttari porta solo fatti, non teorie, e fornisce la sua versione cronologica del riesame degli episodi di sangue e delle investigazioni da lui stesso compiute, e proprio dal succedersi dei fatti appare una realtà agghiacciante, non solo perché a distanza di anni e dopo decenni di investigazioni non si è arrivati a chiarire per nulla una vicenda squallida maturata in ambienti di provincia, quanto per ciò che si legge tra le righe della cronaca: indagini talora ammirevolmente professionali, ma più spesso portate avanti all’insegna del dilettantismo, ingiustificabili carenze di collegamenti tra gli organismi statali, la farraginosità degli obblighi procedurali, dimenticanze incomprensibili e ingiustificabili da parte di autorità ufficiali, la burocrazia che lega le mani alla polizia stessa, l’omertà in seno agli stessi enti preposti a combatterla, l’influenza nefasta di oscuri personaggi indirizzata a tacitare e confondere una possibile risoluzione.
È una storia che si legge con stupore e alla fine lascia insoddisfatti, sia per la mancanza di un finale positivo che plachi il desiderio di giustizia, sia per la carenza di fluidità nello stile dell’autore.
E in fondo, noi abituati a guardare CSI si rimane meravigliati e in un certo qual modo delusi dalla realtà dello stato delle investigazioni nostrane.
Il Lettore

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