Quando
tu consigli a tuo figlio
delle letture e lui segue i tuoi consigli e legge i libri che gli hai indicato,
allora, quando lui ti domanda “Papà, hai
letto Eragon?” e tu rispondi “No” e la dichiarazione successiva è “Devi leggerlo, è molto bello”, allora,
dicevo, è fatta, non hai scappatoie, ti ha proprio incastrato e tu non puoi
esimerti dal prendere in mano il volume consigliato dal pargolo e provare a
leggerlo per poterne poi parlare con cognizione di causa con colui che stai
cercando di indirizzare a tutt’altro tipo di letture.
L’ultima volta che ho letto
un fantasy è stato trent’anni fa
esatti: quel Signore degli Anelli
che è e resterà sempre una pietra miliare del genere. Dopodiché non ho più
sentito la necessità di leggere opere che bene o male hanno tutte preso spunto
da Tolkien, comprese quelle tanto decantate Cronache di Narnia di Clive
Staple Lewis.
John
Ronald Reuen Tolkien ha
scritto la sua Trilogia tra il 1937 e il 1949 e aveva 45 anni quando l’ha
iniziata. Lewis ha iniziato a scrivere le Cronache nel 1948, a 50 anni, e
nessuno riuscirà a togliermi dalla testa che deve essere stato almeno in parte
influenzato dall’opera di Tolkien con il quale era in rapporto di profonda
amicizia.
Christopher
Paolini ha iniziato a
scrivere Eragon a 14 anni e lo ha
finito a 15 nel 2002, e purtroppo per lui di anni non ne aveva quaranta e non
aveva amici che si chiamassero Lewis o Tolkien. Ma aveva dalla sua che Il Signore degli Anelli era già stato
pubblicato cinquant’anni prima, e di sicuro aveva già visto un film intitolato Guerre stellari uscito nelle sale
appena una ventina d’anni prima.
E probabilmente a questo
punto gli è venuta l’idea geniale:
prendo i personaggi, le battaglie e l’ambientazione di Tolkien, la trama del
film di Lucas e le metto insieme! Detto fatto.
Dalla sua aveva inoltre i
genitori con la loro piccola casa editrice, che dopo aver riscritto pressoché
tutta la prima stesura (parole dello stesso Paolini), lo hanno pubblicato in
tiratura limitata permettendo così di farlo leggere e gradire al figlio di uno
scrittore che ha “pillottato” il padre (questa mi sembra di averla già
sentita…) fino a convincerlo ad interessare il suo editore. Quest’ultimo ha
messo in moto i suoi esperti, e dopo aver riconfezionato il pacco ha messo in
piedi una massiccia campagna promozionale che ha condotto libro e (presunto)
autore a diventare famosi in tutto il mondo.
Il venire a conoscenza di
questi aspetti mi ha tranquillizzato, perché leggendo il libro mi si stava
rafforzando la convinzione di come un quattordicenne non avrebbe mai potuto
scriverlo tutto da solo: la prosa, la sintassi, il lessico e alcune
considerazioni sociali e politiche non sono propri di un ragazzino, ma
l’evidente frutto del lavoro congiunto di persone con molta più esperienza.
Comunque, oltre alla
scopiazzatura di trama, protagonisti e ambientazione, il libro è un susseguirsi
continuo di stereotipi, pure alquanto noiosi, situazioni già viste, ripetizioni,
battaglie già combattute e personaggi banali; con pochi spunti originali, come la
figura del gatto mannaro, sfruttati poco e che si perdono nella prolissa e
tediosa narrazione. Anche le critiche ufficiali, pur non stroncandolo del
tutto, evidenziano i numerosi difetti che non permettono affatto di comprendere
il successo planetario che il libro ha ricevuto.
Non ricordo molto dei miei
dodici anni, ma so per certo che a quell’età non solo avevo già letto tutta
l’enciclopedia Conoscere (e quando
dico tutta intendo proprio tutta, pagina dopo pagina), mi ero gustato l’opera omnia di Jules Verne, alcuni
dei romanzi anche più volte, nonché Stevenson,
Cooper, quasi tutto Salgari,
buona parte di London e molti altri,
e sono convinto che le avventure di questo immaginario ragazzino prescelto dalla
sorte ma alquanto imbranato non mi avrebbero entusiasmato nemmeno allora.
Però riconosco, purtroppo, come
su un ragazzino di dodici anni che non ha ancora letto le opere più importanti di
fantasy il libro di Paolini possa fare colpo, ma anche di come esso debba necessariamente
essere integrato con letture sia pure dello stesso genere, ma dotate perlomeno di
uno spessore più rilevante:
“Figlio, hai letto Lo Hobbit?”
«No.”
“Devi leggerlo, è molto bello…”
Il Genitore Lettore
Gasp.
RispondiEliminaE io che ne ho ormai sessanta e sono cresciuto sognando con Verne e Salgari, e mai ho letto un fantasy e nemmeno provato a sfogliarne uno in libreria, e al cinema ho sempre guardato altro, in quale girone dantesco sono destinato?
Pietà.
:-)
Anch'io sono della stessa generazione e sono cresciuto a Verne e Salgari, ma bisogna ammettere che nel fantasy non è tutto da buttare: l'ho letti molti anni fa, ma ricordo che Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli l'ho apprezzati.
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