mercoledì 28 settembre 2016

Alla ricerca di un editore

Qualche giorno fa una cara amica mi ha chiesto se una sua amica poteva farmi pervenire un suo manoscritto, che intendeva proporre a qualche editore per un’eventuale pubblicazione, per un mio parere sul contenuto. Le ho risposto affermativamente avvertendola che non avrei fatto sconti a nessuno e il mio parere sarebbe stato del tutto sincero anche, e soprattutto, nel caso in cui lo scritto non fosse stato di mio gradimento.
A stretto giro di posta mi è arrivato il plico in cartaceo ― una volta tanto non dovevo leggere a video! ― e dopo essere sprofondato in poltrona mi sono accinto alla lettura. Ho scoperto subito che: 1 - l’elaborato consisteva in sole 24 pagine (negativo); 2 – l’autrice aveva già pubblicato due libri (positivo); 3 – l’argomento trattato erano le sensazioni scaturite nell’autrice dall’ascolto dei brani musicali di una particolare band (neutro).
Ovvio che come non posso dirvi il nome dei protagonisti non vi dirò nemmeno il nome del gruppo musicale oggetto del contendere, sappiate solo che è un complesso famoso in tutto il mondo, molto ma molto ma molto lontano dai miei gusti musicali.
Ma questo non significa nulla, nel giudicare lo scritto non mi sarei di certo lasciato influenzare dal fatto che il sound di quel gruppo non è tra i miei preferiti: nella remota eventualità che Walter Isaacson decidesse di scrivere una biografia dei Pooh la leggerei senz’altro, pur non sognandomi minimamente di ascoltarli.




Già dalle prime righe è apparso evidente come l’autrice non fosse alla sua prima prova di scrittura e avesse anche già pubblicato: ortografia e sintassi corrette, impaginazione buona anche se non perfetta e assenza di refusi hanno fatto sì che venissero a mancare i principali e più comuni motivi per piantare il manoscritto alla seconda pagina, per cui ho proseguito e sono arrivato in fondo, dopodiché mi sono trovato nella scomoda situazione di dover scrivere una recensione esauriente per l’autrice, cercando le parole opportune per non ferire (più di tanto) i suoi sentimenti. L’avevo avvertita, se la recensione fosse stata negativa glielo avrei comunicato senza remore…
E purtroppo negativa lo era: in questo caso, pur essendo buona la forma, erano i contenuti che presentavano molti problemi o, per essere più precisi, era l’assenza di interesse da essi suscitato.
L’elaborato conteneva le impressioni suscitate nell’autrice da alcuni brani di quel complesso, insieme ad alcuni piccoli fatti di vita vissuta. Il tutto intriso di superficialità: impressioni non spiegate a sufficienza, non approfondite, non motivate abbastanza, senza alcun riferimento tecnico al tipo di musica, alle melodie, al ritmo o alle successioni armoniche, né tanto meno agli arrangiamenti o alle personalità dei musicisti. E i fatti di vita senza alcuna contestualizzazione, momenti effimeri non inquadrati in alcun contesto. Risultato: interesse suscitato nel lettore uguale a zero. Ho terminato la lettura a fatica sommerso dalla noia, ma ben conscio del fatto che l’autrice aveva fatto comunque la sua bella fatica per scriverlo e si meritava perlomeno una critica strutturata ed esauriente, cosa che ho fatto dopo poco scegliendo accuratamente le parole per non apparire troppo crudo.
Il problema stava nel fatto che nel momento in cui l’autrice ha scritto era sicuramente compresa in quegli stati d’animo che stava provando, ma non ha tenuto nella minima considerazione che cosa ne avrebbe percepito un futuro lettore. Ha scritto per se stessa, per dare sfogo ai sentimenti che provava, tanto è vero che molti passaggi apparivano scritti “di getto”, e lo scrivere le avrà sicuramente giovato nel suo aspetto terapeutico, ma non ha pensato ad inserire ingredienti che potessero suscitare interesse in un ipotetico lettore. Al termine dell’elaborato non mi era presa nemmeno la voglia di andarmi ad ascoltare, così, per curiosità, uno dei brani di cui aveva trattato.
Questo è il punto più importante: scrivendo, bisogna continuamente calarsi nei panni di chi quello scritto si troverà a leggerlo, e cercare di valutare se esso possa riuscire a suscitare interesse.
Un secondo punto non meno importante e del quale l’autrice non ha tenuto conto è la lunghezza dell’elaborato: 24 pagine a cosa potrebbero servire? Che cosa ne dovrebbe fare un editore? Troppo poche per qualsiasi pubblicazione, e da indirizzare a chi? Quale dovrebbe essere il target che potrebbe comperare un’edizione di questo tipo? Le proprie opinioni personali potrebbero interessare qualche tipo di pubblico solo se provenienti da una voce veramente autorevole, un Umberto Eco, tanto per fare un esempio, altrimenti potresti venderle solo agli amici più cari.
Ecco, questi sono due punti (dei tanti) da tenere costantemente presenti nel momento in cui si vuole scrivere qualcosa con l’intenzione di provare a pubblicarla. 
Meditate gente, meditate.
Il Valutatore 
P.S.: Dopo aver ricevuto la mia risposta l'autrice mi ha gentilmente ringraziato dicendomi che quanto le ho comunicato le è servito molto di più di tanti banali apprezzamenti. Una volta tanto...

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