martedì 13 settembre 2016

Il vendicatore

L’altro giorno mi è caduto l’occhio sulla gara di triathlon alle paralimpiadi e mi è presa voglia di rileggere il brano su questo sport che Frederick Forsyth ha inserito nel suo Il vendicatore. Il protagonista del romanzo pratica questa disciplina per tenersi in forma, e lo scrittore inglese descrive bene le singole e diverse difficoltà a cui vanno incontro i suoi praticanti nel nuoto, nel ciclismo e nella corsa e come questa sia una delle attività sportive in assoluto più massacranti. Il brano è proprio all’inizio del libro, e già che c’ero ho proseguito e l’ho riletto per intero.
Per la sesta o settima volta.




Calvin Dexter è un avvocato cinquantenne che ogni tanto si prende qualche pausa dal lavoro per dedicarsi alla sua seconda attività: ricercare, catturare e consegnare alla giustizia statunitense criminali che si sono macchiati di delitti esecrabili e hanno cercato di rendersi irreperibili all’estero, vanificando così le loro ricerche da parte degli organi ufficiali. Nel romanzo è spiegato esaurientemente il perché Dexter si dedica a questa attività nascosta e il come nel corso della sua vita ha affinato le capacità necessarie a svolgerla.
Avenger è il nom de plume in cui l’avvocato si cala per compiere questi lavori, e nel libro si mette alla ricerca di un criminale di guerra jugoslavo che ha brutalmente assassinato un ragazzo americano senza alcuna ragione. Una delle atrocità inspiegabili della guerra nell’ex-jugoslavia.
Detto così può sembrare riduttivo, ma Il vendicatore è uno dei libri d’azione, spionaggio e  avventura più belli che io abbia mai letto (altrimenti non l’avrei riletto 6 o 7 volte). Alla pari con Il giorno dello Sciacallo.
Perché non è solo un libro “d’azione”. Frederick Forsyth ha pianificato il plot del romanzo fin nei più piccoli particolari ed è riuscito a stenderlo facendo in modo che la tensione narrativa aumenti costantemente fino a sfociare in una serie di risoluzioni che soddisfano il lettore e culminare nei due topici colpi di scena finali proprio all’ultima pagina del libro.
E inframmezza l’azione portando alla luce gli aspetti nascosti della storia internazionale degli ultimi decenni, dalla guerra in Vietnam alla nascita di Al Qaida e del terrorismo islamico, e dei “giochi” all’interno delle organizzazioni di intelligence, senza dimenticare di sottolineare sempre l’aspetto umano dei suoi protagonisti.
Lo finisci di leggere, ti senti di nuovo gratificato per i colpi di scena finali nonostante tu li conosca a memoria, e vorresti che tutti i romanzi fossero come questo: ottimamente costruito e splendidamente scritto. Poi ti rendi conto che questo non è possibile e cadi in depressione. Dopo Il vendicatore anche lo stesso Forsyth non è più (ancora) riuscito a scrivere un altro romanzo che gli potesse restare alla pari.
Ma ancora l’inglese morto non è, speriamo bene.
Il Lettore

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