lunedì 22 giugno 2015

La nascita di Freereader

In realtà, questo post volevo intitolarlo: Non fidatevi di nessuno, non fidatevi della televisione e nemmeno di vostro padre, e men che meno di ciò che leggete sui giornali. Ma, a parte che come titolo sarebbe stato davvero troppo lungo, esso avrebbe fornito fin dall’inizio una specie di morale che invece, come nelle favole, andrebbe rivelata solo alla fine del racconto. E poi così è più intrigante.
Avete presente i più grandi personaggi dei fumetti? Prima o poi, di tutti quanti è uscita un’avventura in cui sono state raccontate le loro origini: Il primo morso di Spiderman; Tex Willer e le tre “p”: pugni, pannolini e pallottole; La culla kryptonitica di Superman; Batman quando era ancora uno sfigato; Diabolik e il biberon assassino e così via, e su questa scia  ho deciso di raccontarvi le vere origini di Freereader e di come è nato questo blog, tanto bene in concomitanza con il suo secondo compleanno.
Mettetevi comodi.




Era una giornata buia e tempestosa… stavo parlando con una mia amica giornalista nella redazione di un quotidiano locale e lei si stava lamentando di non avere il tempo per scrivere le recensioni ad alcuni libri che le erano giunti in omaggio affinché, appunto, fossero commentati sul giornale per un briciolo di pubblicità.
Non ricordo di chi dei due fu l’idea, fatto sta che al termine della conversazione eravamo d’accordo sul fatto che lei mi avrebbe regalato quei libri, e io ne avrei scritti i commenti. La criptica firma “Freereader” mi venne spontanea. Libero lettore: come mi sono sempre sentito.
Il tutto naturalmente a gratis. Ma che vuoi. Va be’, del resto mi diverto, e sarebbe anche una maniera di impinguare la mia biblioteca.
Sì, magari.
I libri che le arrivavano non richiesti in redazione erano tutti capolavori di self publishing, del tipo di quelli che io come Valutatore stavo già bocciando in maniera seriale, ma in questo caso gli autori, non soddisfatti del responso delle case editrici alle quali li avevano dapprima spediti, se li erano pubblicati da soli con ovvi risultati.
Mascherando la delusione lessi una silloge di poesie (puah!), ne scrissi una recensione sincera e solo moderatamente cattiva, pure abbastanza ironica, perfetta (a mio parere) per un quotidiano di provincia bisognoso di risollevare un po’ il tono, e la spedii all'amica giornalista.
Lei mi fece notare che non avevo mica capito.
«Le recensioni devono essere tutte positive!» disse.
«Positive?» chiesi (con solo un pizzico di stupore).
«Positive!»
«Ma queste poesie fanno schifo.»
«Non importa, non possiamo parlarne male.»
«E perché mai?»
«È la linea editoriale del giornale.»
«Quale linea, quella di sparare cazzate?»
«Così vuole il Direttore.»
Non c’era più altro da dire. A malincuore riscrissi il pezzo tentando di osservare quelle insignificanti poesie da una diversa angolazione. E man mano che scrivevo scivolavo in una sottile spirale di nervosismo: Freereader. Libero lettore. Libero lettore un cazzo! Ma tant’è.
Attingendo alla capacità tipica di qualche Gemelli di essere capaci di parlare sia male che bene di qualsiasi cosa, individuando quelli che in un concetto possono essere aspetti negativi ma allo stesso modo essendo perfettamente in grado di ribaltarne del tutto il significato, la nuova recensione venne splendida, di quelle che, se l’avesse fatta propria Fabio Fazio in tivvù, la porcata avrebbe venduto millemila copie.
«Perfetta» disse la mia amica e la pubblicò in un battibaleno. E ci credo, pensai, a rileggere le mie parole l’avrei comprata anch’io, quella collezione di merdine.
La cosa buffa fu che l’autrice delle merd poesie contattò la mia amica manifestando il suo incommensurabile entusiasmo per il modo veramente superbo con cui il recensore aveva saputo cogliere lo spirito che lei aveva voluto infondere nella sua opera. Non ebbi parole. Ci sarebbe mancato anche che avesse preteso di conoscermi di persona.
Credeteci, tutto vero.
L’avventura con il quotidiano terminò alla seconda recensione, fotocopia della prima. Detti forfait di mia spontanea volontà. Non potevo proprio continuare a scrivere mucchi di cazzate per opere che se fossero arrivate in casa editrice non ne avrei proseguito la lettura oltre la seconda pagina. Ero di nuovo disoccupato, metaforicamente parlando, ma l’idea di far sapere al mondo il mio parere, quello reale, sulle cose che leggevo non mi usciva dalla mente.
A questo punto intervenne l’esperto informatico di casa. Mia moglie. Che sia un esperto informatico è pura realtà: gli informatici sono come i fisici, sempre persi in un mondo loro, contatto con la realtà prossimo allo zero, ma ogni tanto sono capaci di tirare fuori idee geniali.
«Potresti mettere su un blog» se ne uscì una sera.
«Un che?» La mia conoscenza dei meandri del web si limitava a permettermi di aprire la posta elettronica.
«Un blog, una specie di diario online
«Un diario? E chi dovrebbe leggerlo?»
«Tutti quelli che sapranno che esiste.»
«E in questo diario che ci dovrei scrivere?»
«Quello che ti pare.»
Quello che ti pare.
Q-u-e-l-l-o-c-h-e-t-i-p-a-r-e.
QUELLO CHE TI PARE!
Furono queste le parole risolutive.
Mi documentai, cercai di tradurre le successive ed enigmatiche spiegazioni della consorte e trovai che, in fondo, non serviva mica chissà quale conoscenza informatica né il tutto risultava così difficile. A parte i problemi continui di connessione. Grazie, Telecom.
E così è partita quest’avventura. Ora che sono leggermente (ma proprio di poco) più scafato mi rendo conto che questo, rispetto ai tanti altri blog letterari che ho visitato in seguito, sempre intervenendo quasi niente nelle discussioni, è un blog grezzo, terra terra, senza orpelli, senza finezze tecniche né ornamenti grafici: il tempo che impiego a compilarlo preferisco passarlo a scrivere, piuttosto che ad abbellirlo. Ma è del tutto sincero.
Ah, già, la morale.
Non vi fidate.
Non fidatevi della televisione, e non fidatevi dei giornali. Se un giornalista percepisce uno stipendio da chicchessia, è ovvio che prima o poi sarà da costui costretto a sparare cazzate. Vi potreste fidare, e moderatamente, solo di chi queste cose le fa per passione, senza avere un qualsiasi secondo fine. In futuro potreste non dovervi fidare nemmeno del sottoscritto: se e quando qualcuno si farà avanti offrendomi una retribuzione per queste recensioni, sarà allora che dovrete cominciare a dubitarne.
Ma non temete, vi avvertirò prima.
Lo Scrittore

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