Della serie: se un libro te
lo offrono già scontato, qualche problema ce l’ha. E se in quarta di copertina
paragonano il protagonista a Salvo
Montalbano o a Pepe Carvalho,
qualche dubbio viene. E se lo trovi nella bancarella dell’usato a pochi spicci,
ciò sta a significare che di valore intrinseco non ne ha nemmeno quel tanto che
basta a giustificarne la rivendita alla metà del prezzo di copertina.
E infatti questo Aquila di sangue si riduce a un
thrillerino senza alcunché di entusiasmante, di quelli che due minuti dopo che
li hai letti non ti ricordi nemmeno di cosa trattassero. Sì, si leggerà anche,
ma non ne vale proprio la pena, e a pensarci bene ti lascia anche con l’amaro
in bocca se pensi alla ricerca esasperata da parte di certi autori di gialli di
situazioni inverosimili e del colpo di scena più fantasmagorico per cercare di
impressionare il lettore. Bah!
Di che parlava? Ah, sì,
qualcosa mi ricordo anche, ma ve lo risparmio. Non la facciamo tanto lunga che
non merita.
Paragonare ‘sto Jan Faber della polizia di Amburgo a
Montalbano o a Carvalho… ma andiamo! Certi editori non sanno più cosa
inventarsi…
Il Lettore
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