Permettetemi una
divagazione in campo musicale: vorrei esternare una considerazione ispiratami
dalla lettura di un articolo su La
Repubblica e dall’ascolto di Ludwig
Van Beethoven.
E non stupitevi
dell’immagine che segue: scoprirete che ha una sua ragion d’essere.
Sprofondato in poltrona nel
dopopranzo di ieri stavo ascoltando, complice il periodo di vacanza regalatomi
da moglie e figlio a cinquecento chilometri di distanza, la Sinfonia n. 9 op. 125 Corale del genio tedesco, altrimenti nota come l’Inno
alla Gioia, e mentre contemplavo sul mio braccio la pelle d’oca che
questa musica mi provoca ad ogni ascolto ho ripensato a un articolo letto pochi
giorni fa sul giornale on line, a
firma di Flavio Brighenti, sulla band canadese (The Musical Box, appunto,
originariamente il primo brano dell’album
Nursery
Cryme di cui sopra) che gira il mondo in tournèe riproponendo tali e
quali, fin nei più minimi particolari, gli spettacoli dei Genesis degli anni dal
’69 al ’75.
Parentesi: io adoro la musica dei Genesis
di quel periodo, e i The Musical Box sono andato a
vederli a Milano quando nel 2004 hanno clonato
il tour di Selling England by the Pound: spettacolo fantastico! Consiglio tutti
di andarseli a gustare nel giro italiano che cominceranno alla fine di questa
estate.
Bene, nell’articolo
Brighenti sosteneva tra l’altro: “(…) l'universo del
rock. È ancora la
musica dei giovani (come lo fu nella seconda metà del secolo scorso) o è
diventata la musica della Terza Età? E ancora: se la tendenza è quella non più
di inventare ma di riprodurre il già esistente - come fanno i Musical Box - non
è più appropriato parlare (paradossalmente) di "nuova" musica classica? La tendenza sembra la stessa
dell'Ottocento, quando il passaggio alla musica classica venne sancito dalla
rappresentazione (e quindi dalla certificazione) delle opere più amate,
eseguite esattamente com'erano stata scritte”.
Ecco,
in pratica sta succedendo per alcuni gruppi degli anni sessanta e settanta (Genesis,
ma anche Pink Floyd, Queen, Beatles e altri, compresi
alcuni italiani) quello che è successo a Ludwig
Van Beethoven, ad Antonio Vivaldi
o a Johann Sebastian Bach o agli
altri che sono considerati gli esponenti più rappresentativi della musica
classica: orchestre a loro successive (quelli che oggi sono i cosiddetti
“cloni”) riprendono partiture e arrangiamenti tali e quali gli autori li hanno
ideati e li ripropongono ad un pubblico di pronipoti.
Non
posso fare a meno che concordare con Brighenti sul significato intrinseco di un
tale modo di fare, cioè sul suo sancire, sul suo certificare il passaggio di
tali autori ad una condizione di “classicità”,
cioè alla definizione di uno status
destinato a proseguire nel tempo e a fungere da sistema di riferimento per le
generazioni che verranno. Gli artisti che raggiungono questo status hanno creato tutti un proprio
stile consolidato, valido per l’epoca che hanno vissuto ma, a quanto pare,
anche meritevole di essere perpetuato nel tempo.
Considerato
inoltre il livello meno che mediocre, anzi, direi decisamente infimo della musica che a livello
planetario viene proposta in questi ultimi anni, iniziative del genere non
possono che riscuotere tutta la mia approvazione.
Ma
in campo letterario, possiamo
individuare una tendenza del genere? In altre parole, quali potrebbero essere
gli scrittori di oggi le cui opere potrebbero fregiarsi un domani della
qualifica di “classico”?
Oggi
come oggi vengono considerate “classici” le opere che sono sopravvissute alla
macina del tempo: Anabasi, Iliade, Eneide, La Divina Commedia,
Re Lear, Faust, I Promessi Sposi,
tanto per citarne solo alcune, tutte opere dal valore universale, che hanno in
comune la caratteristica di mostrare verità, sentimenti e comportamenti umani
che possiedono validità nel tempo.
Degli
scrittori dalla metà del Novecento in poi, quali sono coloro che potrebbero
meritarsi in futuro di essere annoverati tra gli “indimenticabili”? Hemingway?
Steinbeck? Faulkner? Calvino? E tra gli ancora più recenti? Foster Wallace?
Safran Foer? Auster? Di italiani non me ne viene in mente nessuno.
Bella
domanda, vero?
Il Lettore & lo
Scrittore
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