martedì 18 dicembre 2018

L’assassinio del commendatore


Anche per me, con tutto che odio la bicicletta (e soprattutto i ciclisti), leggere Haruki Murakami è come andare in bicicletta su una leggera discesa, in una giornata di sole e con il vento tra i capelli. Piacevole, rilassante, nessuna fatica, divertimento puro.





Perché ha una scrittura superlativa, pulitissima, senza fronzoli, il massimo di semplicità e chiarezza. La ricerca della semplicità è uno dei suoi punti di forza, e Murakami in questo riesce benissimo senza annoiare minimamente.
Il giapponese ripete l’exploit di 1q84 facendo uscire un romanzo in due volumi: come si evince anche dal sottotitolo (Libro primo: idee che affiorano). Questo L’assassinio del commendatore è diviso in due parti delle quali la seconda uscirà a fine gennaio 2019. Non che ciò faccia stare con l’ansia di conoscere come andrà a finire: è come averne interrotta a metà la lettura per poi riprenderlo dopo un paio di mesi: non c’è una vicenda piena di pathos interrotta nel bel mezzo di un’azione entusiasmante, il tutto è molto tranquillo e le cose succedono consequenzialmente.
La vicenda: un pittore di ritratti su commissione viene lasciato dalla moglie. Dapprima si imbarca in un viaggio solitario in auto senza meta, quindi un amico gli offre di andare ad abitare nella villa che era stata di suo padre, ora fuori di testa in un ospizio, per controllarla e non permettere che la costruzione vada in malora. Dal momento che il padre del suo amico è un pittore famoso il protagonista accetta, e una volta arrivato nella casa gli accadono dei fatti che daranno una svolta non preventivata alla sua vita: il ritrovamento di un quadro nascosto dal proprietario dell’abitazione e il risiedente di una villa vicina che gli chiede di fargli un ritratto.
Da qui una concatenazione di fatti che modificheranno sostanzialmente la vita e il modo di pensare del protagonista.
Murakami ritorna alle dimensioni oniriche e alle atmosfere irreali che lo hanno reso famoso, sia pure trattate in modo molto blando, oserei dire molto realistico. Quale forma concreta può assumere una “idea”?
Libro bellissimo che fa paragonare l’autore a quei vini che invecchiando migliorano: la scrittura di Murakami è un’opera d’arte, al pari delle idee che gli affollano la mente. Il libro non ha nemmeno una parvenza di finale, questo è vero, ma si tratterà solamente di passare al prossimo volume invece che al prossimo capitolo e di aspettare poco meno di un paio di mesi.
Nulla di più.
Il Lettore

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