Anche per me, con tutto che
odio la bicicletta (e soprattutto i ciclisti), leggere Haruki Murakami è come andare in bicicletta su una leggera discesa,
in una giornata di sole e con il vento tra i capelli. Piacevole, rilassante,
nessuna fatica, divertimento puro.
Perché ha una scrittura superlativa,
pulitissima, senza fronzoli, il massimo di semplicità e chiarezza. La ricerca
della semplicità è uno dei suoi punti di forza, e Murakami in questo riesce
benissimo senza annoiare minimamente.
Il giapponese ripete l’exploit di 1q84 facendo uscire un romanzo in due volumi: come si evince anche
dal sottotitolo (Libro primo: idee che
affiorano). Questo L’assassinio del
commendatore è diviso in due parti delle quali la seconda uscirà a fine
gennaio 2019. Non che ciò faccia stare con l’ansia di conoscere come andrà a
finire: è come averne interrotta a metà la lettura per poi riprenderlo dopo un
paio di mesi: non c’è una vicenda piena di pathos
interrotta nel bel mezzo di un’azione entusiasmante, il tutto è molto
tranquillo e le cose succedono consequenzialmente.
La vicenda: un pittore di ritratti su commissione viene lasciato dalla
moglie. Dapprima si imbarca in un viaggio solitario in auto senza meta, quindi
un amico gli offre di andare ad abitare nella villa che era stata di suo padre, ora fuori di testa in un ospizio,
per controllarla e non permettere che la costruzione vada in malora. Dal
momento che il padre del suo amico è un pittore famoso il protagonista accetta,
e una volta arrivato nella casa gli accadono dei fatti che daranno una svolta non
preventivata alla sua vita: il ritrovamento
di un quadro nascosto dal proprietario dell’abitazione e il risiedente di una villa vicina che gli
chiede di fargli un ritratto.
Da qui una concatenazione di
fatti che modificheranno sostanzialmente la vita e il modo di pensare del
protagonista.
Murakami ritorna alle
dimensioni oniriche e alle atmosfere irreali che lo hanno reso famoso, sia pure
trattate in modo molto blando, oserei dire molto realistico. Quale forma
concreta può assumere una “idea”?
Libro bellissimo che fa paragonare
l’autore a quei vini che invecchiando migliorano:
la scrittura di Murakami è un’opera
d’arte, al pari delle idee che gli affollano la mente. Il libro non ha nemmeno
una parvenza di finale, questo è vero, ma si tratterà solamente di passare al
prossimo volume invece che al prossimo capitolo e di aspettare poco meno di un
paio di mesi.
Nulla di più.
Il Lettore
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