E che ci vuole a scrivere un romanzo?
Tutti possono farlo: “… basta procurarsi una biro e un quaderno,
scrivere delle frasi (…) e se si ha una certa capacità di inventare delle
storie in qualche modo si riesce a buttar giù qualcosa, senza bisogno di
allenamento professionale. Qualcosa che bene o male prenderà la forma di un
romanzo. Non è necessario aver frequentato lettere all’università. Non sono
richieste competenze specifiche”, dice Haruki
Murakami.
Facile, no?
È in questo modo che Murakami
tranquillizza tutti fin dalle prime
pagine di questa sua ultima opera. Potete farlo anche voi, del resto vi hanno
insegnato a scrivere alle elementari, no?
Poi però, forse perché si è
accorto di essere andato un po’ oltre,
ci mette qualche pezza sopra.
In questo Il mestiere dello scrittore Murakami
ripercorre la sua carriera di scrittore professionista fin dagli inizi, in una
sorta di autobiografia lavorativa, raccontandoci come e quando ha scritto
alcuni dei suoi capolavori e le difficoltà (e le soddisfazioni) a cui è andato
incontro.
Da Ascolta la canzone nel vento, passando per L’arte di correre e Norvegian
Wood fino a Gli assalti alle
panetterie del 2016 (che fra l’altro sarà oggetto di uno dei prossimi post, pazientate ma non aspettatevi
chissà che), con il procedere del libro completa la sua dichiarazione
primigenia arricchendola di “se” e di “forse”, di tenacia, di costanza, di
disciplina e forma fisica e di tanto e tanto culo (sì, c’è bisogno anche di questo, e lui lo ammette tranquillamente),
che gli hanno permesso di diventare ciò che è diventato, cioè una di quelle
poche persone in lizza per un Nobel.
Una lucida analisi delle difficoltà dello scrivere, badando bene
a sottolineare le differenze che intercorrono tra il pubblicare qualcosa una tantum e il continuare a vivere di
scrittura per decine di anni facendone un mestiere vero e proprio.
Senza dimenticare ogni tanto
di fare qualche riflessione profonda
sull’essenza dello scrivere: “… il
nutrimento necessario al romanzo – e riportarlo con le sue mani nella sfera più
alta della coscienza. Poi trasformarlo in un testo che abbia una forma e un
senso”. Oppure: “Più la storia è intensa, più le tenebre sotterranee si fanno dense e
pesanti. Lo scrittore deve trovare in quelle tenebre ciò di cui ha bisogno”.
Ma non è che il libro sia un
semplice manuale di scrittura (o per aspiranti scrittori, che non è la stessa
cosa). Come ha già fatto in L’arte di
correre, Murakami ci informa di quali sono stati i suoi pensieri dominanti nell’arco di 35
anni, delle motivazioni che l’hanno sostenuto e delle necessità a cui è andato
incontro per poter proseguire nel suo percorso.
Il libro è molto interessante e si legge con piacere. A
patto che ti piacciano i saggi. Ho trovato il tono un po’ dimesso, quasi
imbarazzato, quasi volesse scusarsi in continuazione con il lettore per aver
messo in piazza i propri pensieri, con i quali si prodiga in comprensioni e
giustificazioni anche per coloro ai quali i suoi libri non piacciono.
Se sei abituato a correre maratone, cosa ti ci vuole per scrivere
un romanzo? Solo un pochino di tempo in più di quelle tre o quattro ore, giusto
qualche mesetto.
Se sei resistente del tuo, cosa vuoi che sia?
Il Lettore
Nessun commento:
Posta un commento