In rete non sono riuscito a
trovare alcuna notizia su Phil Kansel,
l’autore di questo romanzo che ho trovato nell’ultima tornata di materiale
fornitomi dal mio editor. Ho cercato
e ricercato, ma niente. Il suo nome è associato a questo libro e poi nient’altro.
Non c’è una voce col suo nome nemmeno su Wikipedia.
Va be’, vi domanderete, ma
come mai tutta questa curiosità?
Un po’ perché mi piace
documentarmi sugli autori che leggo, ma soprattutto perché scorrendo il romanzo
un tarlo insistente ha cominciato a
martellarmi le tempie e si è fatto via via più pressante man mano che
procedevo, fino a costringermi a cercare di saperne di più. Mentre andavo
avanti mi si è fatta sempre più concreta l’ipotesi che in realtà questo Phil Kansel non esista proprio, ma che
sia solo uno pseudonimo usato da
qualcuno che non voleva far sapere il suo nome vero.
Il nome di una donna, per la precisione.
Il convincimento che l’autore
sia in realtà una donna ha cominciato a formarmisi in mente notando la cospicua
quantità di particolari futili
presente nel romanzo. Particolari ai quali in genere un uomo non farebbe
minimamente caso, non parliamo di inserirli in un romanzo. Le peculiarità degli
abiti femminili, le descrizioni degli arredamenti, l’attenzione nel parlare dei
giochi e degli atteggiamenti delle bambine, l’insistenza nel rimarcare le
ragioni su cui sono fondati i rapporti di coppia, il fatto che quasi tutti i
personaggi siano di sesso femminile, tutto questo ha portato a farmi pensare
che l’autore sia in realtà una donna.
Ma a parte questo, ciò non
significa che il romanzo non sia piacevole. Questo (o questa) Kansel ha scritto
un buon thrilling, senza pretese ma
soddisfacente.
Le
sei regine è il nome che
alcune diciassettenni hanno dato al loro club,
costituito soprattutto per evadere dal piattume della routine quotidiana di adolescenti. Nel corso di una specie di
seduta spiritica accade un incidente che conduce alla morte di una di esse. Tredici anni dopo quelle che all’epoca sono
state le sopravvissute cominciano a morire anch’esse di morte violenta, e i
segni lasciati sui luoghi dei delitti fanno pensare che ci sia un nesso palese
con il tragico episodio di tanto tempo prima.
Il romanzo prosegue in un crescendo di pathos, sia pure inframmezzato da una buona dose di particolari fatui (anche se, per onestà, devo
ammettere che un senso all’interno della vicenda ce l’hanno anche questi), fino
alla scoperta finale del responsabile degli ammazzamenti e delle ragioni che
l’hanno condotto a farlo.
Come dicevo un buon thrilling, scritto bene e che fa venire voglia di vedere come va a
finire, ma con delle imprecisioni
che però non ne inficiano la leggibilità, come per esempio il fatto che a un
certo punto l’assassino si infila in casa della protagonista e vi si trattiene
per diverse ore senza che i due cani che vivono con lei si accorgano
minimamente della sua presenza. Per quanto stupido, qualsiasi cane si sarebbe
accorto immediatamente di un intruso in casa e lo avrebbe perlomeno fatto
capire.
Forse i cani olandesi sono più addormentati dei
nostri.
Il Lettore
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