Un altro racconto lungo
(romanzo breve?) di Amélie Nothomb.
Dentro il lettore ne ho almeno un’altra decina e me li centellino come si
farebbe con un buon vino. Ognuno è una piccola sorpresa, a modo proprio sconvolgente
per l’invenzione a sua volta densa dei risvolti psicologici che l’autrice ci
mette dentro.
Secondo la Treccani, il
significato di “cosmetica” è:
- agg.
Che serve a conservare o accrescere la bellezza e la freschezza del corpo
umano, soprattutto del volto, della carnagione, della capigliatura:
prodotti c.; acqua c., nome generico di soluzioni alcoliche, essenze,
estratti odorosi, olî essenziali e sim. usati per lavare, ammorbidire o
profumare la pelle del viso o del corpo.
- 2.
s. m. Qualsiasi sostanza, come saponi profumati, lozioni, sali per bagno,
creme di vario tipo, ciprie, belletti, smalti, ecc., usata nelle pratiche
della cosmesi a fini igienici, estetici o compensativi, avente, a seconda
dei casi, azione detersiva, emolliente, tonificante, eutrofizzante,
assorbente, coprente.
Ma la Nothomb invece riporta
che invece il concetto primigenio era questo: “La cosmetica, povero
ignorante, è la scienza dell’ordine universale, la morale suprema che determina
il mondo. Non è colpa mia se gli studiosi di estetica hanno recuperato questo
termine, peraltro stupendo.”
Ed
è proprio sulla base della morale
che l’autrice ha impostato questo racconto. Tutto comincia con una situazione banale: Jérôme Angust si trova nella sala d’aspetto di un aeroporto in
attesa del suo volo che sta ritardando quando gli si avvicina un importuno che
vuole parlare insistentemente con lui. In tutti i modi lui cerca di
allontanarlo, ma per quanto ci provi fino a essere anche maleducato, non c’è
verso di liberarsi di questo Textor
Texel che sembra voglia solamente parlare e parlare, facendolo ascoltare
forzatamente e infischiandosene se Jérôme invece non ne ha nessuna voglia. Jérôme
arriva persino a coinvolgere la polizia
ma niente, non riuscirà a liberarsi dell’importuno fino alla drammatica fine.
In un centinaio di pagine
costituite soprattutto da un dialogo fulminante e via via sempre più
incalzante, la Nothomb mette in scena una vicenda paradossale che con il
proseguire diventa un’esplorazione dei luoghi più profondi del nostro essere
fino a portare alla luce il nemico che ognuno di noi ha dentro di sé, fino a
far emergere le vergogne più nascoste e i sensi di colpa più occultati. Insieme
all’incapacità di riconoscerle, quelle colpe.
Sono d’accordo che l’autrice è
un po’ strana del suo, ma come le verranno
in mente, queste storie?
Il Lettore
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